Il Bologna Festival, dopo la cancellazione dell’intera programmazione primaverile, recupera la parte autunnale della propria stagione con il ciclo Il Nuovo L’Antico in cui, secondo tradizione, si alternano concerti dedicati alla musica contemporanea ad altri di musica antica.
Strettamente nell’ambito dell’antico si pone Al lume delle stelle, una scelta di madrigali composti tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600, tutti su testi di Torquato Tasso. Alessandra Rossi Lürig, alla direzione dell’Accademia d’Arcadia, allinea tutti i protagonisti del periodo in una sequenza di spessore impressionante: Monteverdi, Luzzaschi, Marenzio, De Wert, Gesualdo, Sigismondo D’India, Antonio il Verso, Salomone Rossi, in pratica il dream team del genere e dell’epoca. I qQI uindici madrigali che si susseguono senza stacchi ed intervalli attingono soprattutto alle Rime, ma anche alla Gerusalemme Liberata e all’Aminta. Prevale l’amore, più che altro infelice o addirittura disperato, come nel lamento di Tancredi Vivrò fra i miei tormenti e le mie cure, tratto dalle ottave immediatamente successive a quelle rese famose dal Combattimento di Tancredi e Clorinda.
I testi amorosi, il loro autore ed il periodo storico costituiscono il filo conduttore di un concerto che ha richiesto molta concentrazione ed attenzione. Il susseguirsi di compositori dalla personalità così spiccata, divisi l’un l’altro da pause brevi, ha lasciato poco tempo per abbandonare una cifra autoriale e entrare immediatamente nella successiva, altrettanto marcata e personale. Inoltre non è stato facile seguire i testi sul programma, stampati in corpo molto piccolo alla luce giustamente scarsa della sala, il suggestivo oratorio di San Filippo Neri. L’Accademia d’Arcadia, i cui sette componenti hanno ciascuno un timbro bello e caratterizzato, ha un suono allo stesso tempo sfaccettato e unitario. La facile riconoscibilità delle voci permette di cogliere la struttura compositiva di ogni madrigale, rendendo chiaro il pensiero musicale degli autori. Non altrettanto percepibili sono le parole, a volte perse negli intrecci polifonici. Certo è stato chiaro l’incipit di Dolcemente dormiva la mia Clori di Sigismondo d’India, su una frase melodica cullante ed eterea come il sonno dell’amante. Come è apparso impressionante e drammatico l’attacco del basso in Al lume delle stelle di Luca Marenzio, così diverso da quello più dolente di Claudio Monteverdi. Alessandra Rossi Lürig ha accentuato la parte musicale e le occasioni drammatiche offerte dalle varie partiture, ma alla fine la scelta di proporre una sequenza così densa e ininterrotta, quasi un greatest hits del periodo, ha portato a qualche caduta di tensione.
Il pubblico ha riempito la sala in ogni suo posto, dimostrando che il desiderio di musica dal vivo può convivere con la paura del contagio.
La recensione si riferisce allo spettacolo del 7 ottobre 2020.
Accademia D'Arcadia |
Alessandra Rossi Lürig |
Direzione |
Daniela Goldoni