Giulio Neri era dotato di una voce da autentico basso profondo: la bellezza del timbro, la ragguardevole estensione, il volume impressionante, l'omogeneità e l'apparente naturalezza d'emissione erano stupefacenti. Alle doti naturali affiancava una tecnica particolarmente solida che gli consentiva di sfruttare al meglio il suo prezioso materiale. Tra l'altro non passava inosservata l'imponenza della figura – era alto 1,95 mt – esaltata dalle riconosciute doti sceniche.
Un artista che in 22 anni di carriera – se tralasciamo la gavetta nei piccoli teatri e assumiamo come inizio di carriera nei grandi teatri quel 1936 in cui debuttò al Teatro Carlo Felice di Genova – si era conquistato un ruolo di primissimo piano a livello internazionale con scritture presso i più importanti teatri italiani e esteri, fra cui: Carlo Felice di Genova, San Carlo di Napoli, Reale di Roma, Fenice, Scala, Opernhaus di Berlino, São Carlos di Lisbona, Bellini di Catania, Municipal di Rio de Janeiro, Liceo di Barcellona, Donizetti di Bergamo, Comunale di Firenze, Hessische Staatstheater di Wiesbaden, Royal Festival Hall e Covent Garden di Londra, Stadttheater di Zurigo, Opera di Bilbao e ovviamente i grandi spazi all'aperto fra cui Arena di Verona, Terme di Caracalla. Questa ovviamente è solo una sintesi dei palcoscenici calcati da Giulio Neri nell'arco della sua prestigiosa carriera in cui portò in scena 64 diversi spartiti tra opere e oratori.
Tutto ciò nonostante i rallentamenti causati dal secondo conflitto mondiale e dai problemi cardiaci che iniziarono a creargli alcuni disturbi almeno cinque anni prima della morte sopraggiunta il 21 aprile 1958 a un mese dal suo 49 compleanno. Era nato a Torrita di Siena il 21 maggio 1909.
Ma come mai un artista di questa portata, un riferimento assoluto per ruoli quali Mefistofele, Ramfis, Mosè, Grande Inquisitore ma anche Basilio del Barbiere rossiniano, senza dimenticare Oroveso – tralasciando per brevità altri ruoli – sia oggi quasi dimenticato? Forse perchè alcuni impegni presi in precedenza con altri teatri non gli consentirono di conquistare il Metropolitan prima della prematura morte? Forse perchè era un uomo buonissimo – come raccontano le moltissime testimonianze di colleghi e amici – antidivo e tutt'altro che carrierista?
L'interessantissimo libro scritto da Giovanni Marchisio e intitolato “Giulio Neri, il basso dell'opera” edito da Rugginenti e pubblicato la scorsa estate, fa chiarezza ripercorrendo con cura certosina la vita del grande artista senese. La sua passione per il tamburello, sport che lo appassionerà per tutta la vita e con il quale si affermerà a livello agonistico sino a prendere parte ai campionati nazionali; i primi passi con il canto che lo portarono a quindici anni ad essere ammesso alla locale Schola Cantorum; l'incontro con il Conte Enrico Galeotti Ottieri della Ciaja che prenderà a cuore il talento vocale del giovane basso procurandogli l'audizione che gli consentirà d'essere ammesso all'Accademia di Santa Cecilia a Roma e quindi iniziare seriamente gli studi di canto.
La vita di Neri è raccontata fedelmente, con passione, competenza ma anche senza inutili toni agiografici. La carriera è descritta dai primi passi, mossi agli inizi degli anni '30 nei piccoli quanto fondamentali luoghi della gavetta sino all'ultima recita, quella Bohème del 23 febbraio 1958 all'Opera di Roma accanto a Giuseppe Di Stefano e Rosanna Carteri. Molti sono gli aneddoti riportati - alcuni anche molto divertenti – accanto a ritagli di giornale, commenti e recensioni. Utilissimi i capitoli riservati alla cronologia, alla discografia e filmografia ma molto interessante anche lo spazio dedicato al Concorso Internazionale di Canto Lirico Giulio Neri giunto nel 2019 alla sua XI edizione. Un libro, questo scritto da Marchisio – già autore de “Il balen del suo sorriso. C'era una volta il baritono Carlo Tagliabue [2]” – che tutti gli appassionati d'opera dovrebbero leggere per rinverdire il ricordo dell'indimenticabile Giulio Neri. In chiusura mi piace riportare le parole del compianto Giorgio Gualerzi che definì Neri “un concentrato di bassi” ma anche una voce “privilegiata per l'ampiezza del timbro pieno e vigoroso, la suggestione del colore cupo e intenso, l'omogeneità dell'intera gamma”. Lo stesso Gualerzi amava ricorda la grande scena del Don Carlo tra Filippo II e il Grande Inquisitore cantata da Boris Christoff e Giulio Neri indicando quest'ultimo come il più autorevole, impressionante e credibile Inquisitore della storia.
Danilo Boaretto
G.Verdi - Don Carlo: duetto Grande Inquisitore (G.Neri) e Filippo II (B. Christoff)
titolo | Giulio Neri - Il basso dell'Opera |
autore | Giovanni Marchisio |
editore | Rugginenti |
pagine | 300 |
anno di pubblicazione | 2020 |
prezzo | 21,90€ |
codice ISBN | 978-88-76656-73-6 |
Danilo Boaretto