Emblematico il caso di Natalie Dessay. Si affacciò al mondo della lirica come novella Mado Robin, forse in una versione solo più sofisticata. Il suo percorso apparve subito in ascesa: le mitiche recite dall’Opera di Lione (Zerbinetta, Euridice, Olympia) dove si dimostrò interprete spigliatissima e molto “moderna” (anche nel contesto di regie meno tradizionali) e poi l’Astrifiammante iniziatica e materna con Christie, i tre cd per la EMI con le arie da concerto di Mozart (che sembravano appannaggio solo della fulgida Gruberova, soprattutto per quel “Popoli di Tessaglia” con i famigerati sol sovracuti), le arie francesi e i brani tipici del coloratura, Variazioni Proch, di callassiana (o forse hidalghiana) memoria, comprese. La Dessay apparve come un soprano dalla voce estesissima, dalle variazioni funamboliche e spericolate, dal colore però più morbido e caldo, una voce più “rotonda” per certi aspetti e come interprete sempre sensibile, mai banale, tanto nell’ironia, quanto nell’intensa tragicità (la scena di Ophelia come vertice assoluto). Sul colore di voce, lei stessa, in un’intervista, aveva dichiarato di prestare molta attenzione alla ricerca di un timbro più sensuale, con un lavoro di cesello a livello fonetico, (a partire dai risonatori nasali, propri della lingua francese) cercando il più possibile di “riscattare” l’immagine da bambolina “cu cù” che era tanto cara alla tradizione francese dei coloratura (vedi Pons e Masplè). Una sorta di “coloratura renassaince”, se così si potrebbe dire, anche se per chi scrive, questa specie di restaurazione, celava più un “complesso”, quasi la cantante non accettasse la propria natura e volesse puntare a repertori più “seri” o più “soddisfacenti”. Il problema è che non si può cercare di fare le Sutherland se si ha la voce della Robin. Dopo un superfluo Rossignol stravinskiano, abbiamo avuto la sognante Lakme con Plasson (dove ogni orpello virtuosistico era sempre al servizio delle ragioni espressive del momento e capace di svettare al sol diesis sovracuto con irridente facilità), la fantasmagorica Morgana, nell’Alcina con Christie e la drammatica Aspasia con Rousset, in duo con il Sifare altrettanto emblematico della nostra Cecilia Batoli e poi un noioso cd della Virgin sempre con arie di Mozart e le varie Amine belliniane dal vivo e la Lucie della versione francese, oltre ad una sorta di comparsata in un cd di duetti haendeliani che lascia il tempo che trova. Le cose non furono più così semplici e il percorso, prima tanto radioso, ben presto si coprì di polvere, acquistando più le fattezze di un triste calvario. Oltre ad una certa snobberia, inevitabile corollario di un atteggiamento artatamente divistico, la Dessay iniziò ad accusare nel suo canto sempre stato morbido e leggero, una sorta di sforzo, un sospetto di fatica, le note estreme diventavano meno raggianti e l’interprete rendeva i personaggi sempre più nevrotici a giustificare la difficoltà nell’esecuzione. Poi, il fattaccio, un intervento alle corde vocali per delle cisti, il ritiro dalle scene e poi la logopedia e quindi il ritorno, con una voce più drammatica, sempre a detta sua, in grado di affrontare ruoli più pesanti e di nuovo il complesso che affiora e di nuovo la fatica e recite sospese ed ora forse un nuovo intervento, rendendo sempre più aleatorie le sue presenze sulle scene. A rappresenta questo “ritorno” ci fu un altro cd di arie francesi per la Virgin, (già recensito qui ) dove la virtuosa risultava più cauta e a noi abituati ad una acrobata dai tripli salti mortali, vedere la rete di sicurezza fece capire, con nostalgia, che le cose non potevano più essere come prima. Veniamo quindi a questo nuovissimo cd della Virgin con scene e lieder straussiani , diretto da Antonio Pappano. Per certi aspetti era un recital annunciato, così come quello di arie di Traetta con Rousset, poi però evitato causa la malattia (o forse questioni tra case discografiche diverse?). Purtroppo, il tempo passato si vede fin dal primo track, nel recitativo ed aria di Zerbinetta, qui nella versione più familiare, come viene detto ipocritamente nel libretto. La Dessay a Lione e poi nei vari teatri era solita eseguire la prima versione, quella “lunga”, alzata di tono, vero e proprio monumento al virtuosismo più sfrenato, sorta di celebrazione esultante delle varie eroine donizettiane e belliniane e alle loro follie in musica (versione resa celebre dalla Gruberova in disco e dalla Sills dal vivo). La Dessay era stata già una meccanica Zerbinetta nell’ultima opera del compianto Sinopoli, ma troppo era il disinteresse del direttore per creare qualcosa di interessante. Qui, la sontuosissima e amorosa concertazione di Pappano avvolge e fa risaltare il canto sfumato e morbidissimo del soprano. E se dovessi segnalare uno dei meriti maggiori di questo cd, è proprio quello di sentire Pappano alle prese col repertorio straussiano, confermandolo direttore di assoluto riferimento, che guida dolcemente la sua orchestra, rendendola un caleidoscopio di colori e screziature, un’orchestra che non schiaccia mai il canto, ma anzi lo vivifica, lo esalta, lo sostiene e lo rende ancora più bello. Pappano sembra seguire la lezione del primo Karajan, quello dei tempi d’oro della Price e della Freni, quello che faceva cantare gli strumenti al pari delle voci. La Dessay a parte una convenzionale Zerbinetta, si mostra superba cantante e interprete sempre interessante, attenta alla parola, facendo anzi sorgere spontanea la parola dalla musica e con la musica, intensamente liberty, sfarzosamente decadente, quasi crepuscolare, ma screziata di una luminosità soffusa. Ottimo banco di prova i lieder di Brentano, “recitati” con totale partecipazione e adesione al testo o l’immateriale ma tenerissima Sophie (forse il personaggio meglio riuscito di tutto il cd). Complice lo studio, complice il direttore, complice forse le tessiture meno sparate in alto che permettono di valorizzare la bellezza del timbro e l’originalità del fraseggio. Una prova altissima, in grado di offuscare le varie Gueden, Stich-Randall, Noni, Berger, Streich, solo per citarne alcune interpreti storiche in tale repertorio. Un canto più simile a quello di Elisabeth Schumann e forse in questo, la Dessay è riuscita nel suo scopo. Al suo fianco non sfigurano Felicity Lott (già spiritosissima interprete di Intermezzo), Sophie Koch, Angelica Kirchschlager (deludente Cherubino nell’edizione diretta da Jakobs) e persino Thomas Allen come simpatico Faninal e Musiklehrer. Un cd da conoscere e speriamo un felice ritorno di un’artista forse sfortunata, ma sicuramente con molte cose ancora da dire.
Brani presenti nel cd:
1. Großmächtige Prinzessin...Noch glaub' ich... (Ariadne auf Naxos) 2. Kindskopf! Merkt auf: Wir spielen mit in dem Stück - with S. Koch (Ariadne auf Naxos) 3. An Ihre Plätze...Sein wir wieder gut - with T. Allen, F. Lott, S. Koch (Ariadne auf Naxos) 4. Ich wollt' ein Sträusslein binden (Brentano Lieder Op. 68) 5. Säus’le, liebe Myrthe (Brentano Lieder Op. 68) 6. Als mir dein Lied erklang (Brentano Lieder Op. 68) 7. Amor (Brentano Lieder Op. 68) 8. Ich danke Fräulein...Aber der Richtige ... - with F. Lott (Arabella) 9. Mir ist die Ehre widerfahren - with A. Kirchschlager (Der Rosenkavalier) 10. Marie Theres', wie gut Sie ist - with F. Lott, A. Kirchschlager (Der Rosenkavalier) 11. Ist ein Traum / Spür' nur dich - with F. Lott, A. Kirchschlager, T. Allen (Der Rosenkavalier)
Natalie Dessay |
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Felicity Lott |
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Angelika Kirchschlager |
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Sophie Koch |
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Thomas Allen |
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Orchestra Of The Royal Opera House, Covent Garden |
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Dir. Antonio Pappano |
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Ed. Virgin Classics |
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Reg. Effettuata Fra Aprile e Maggio del 2004 |
Marco Fornengo