Enrico Caruso
a questo paesaggio affidò
i suoi pensieri più intimi
e fece di Bellosguardo
la sua Itaca sognata
nei trionfi e nelle tempeste
del suo umano viaggio
(lapide sul muro della villa)
Arrivando dall'abitato di Lastra a Signa, la villa sovrasta un poggio, con due corpi simmetrici uniti da un portico e in posizione mozzafiato. Attorno, un ricco e grande giardino che nella giornata d'incipiente primavera si prepara a a virar di colore. Al di là del giardino, un angolo di campagna toscana, certamente troppo cementificata, che dà sull'Arno a pochi chilometri da Firenze.
La Villa di Bellosguardo ha origini cinquecentesche, ideata dall'abate Alessandro Pucci per il ristoro dell'anima e del corpo. Ricchissima la vegetazione del giardino monumentale, il quale fu curato fin dall'inizio anche con statue e fontane ornamentali, e pare che vi fossero anche animali in libertà a fare da completamento all'ambiente esclusivo e ricercatissimo, secondo il gusto dell'epoca. Gli eredi del Pucci proseguirono nell'opera di abbellimento della villa e la dotarono di una fattoria.
Dopo alterne e secolari vicende, la Villa di Bellosguardo divenne - nel 1906 al prezzo di 205.000 lire - proprietà di Enrico Caruso, il quale la fece ampliare ed abbellire secondo i dettami del tempo dall'architetto Rodolfo Sabatini, utilizzando anche maestranze locali e dando lavoro per alcuni anni a molta gente del luogo, in un momento di crisi della lavorazione della paglia, risorsa primaria per il territorio di Lastra a Signa. Pare che il tenore, in compagnia della sua innamorata di allora, il soprano Ada Giachetti, l'avesse scoperta durante una passeggiata, pensando di acquistarla, incantato dalla splendida posizione. La Giachetti gli dette due figli anche se dopo qualche anno, come nelle migliori commedie, fuggì con l'autista: ma il tenore continuò ad abitare Bellosguardo nei periodi in cui non era in giro per il mondo.
La storia con Ada Giachetti finì miserevolmente in tribunale, in quanto la cantante e l'autista cercarono insieme di ricattare Caruso. Dopo la morte del tenore e dopo vicende che variamente la segnarono, la villa fu acquisita del Comune di Lastra a Signa nel 1995.
Pochi giorni fa è stato presentato ed inaugurato il Museo dedicato a Enrico Caruso, sito al primo piano della storica dimora di cui occupa una parte, nelle stanze che furono il "buen retiro" di Caruso fino alla morte. Si dice anche che quando era in villa e cantava, la sua voce si udisse per le campagne circostanti anche da lunga distanza.
Si accede alla porzione della villa adibita a Museo da uno scalone in pietra serena che porta al piano superiore, e subito ci accoglie un grande busto del tenore, opera dello scultore Cifariello. Accanto, un ritratto a olio che raffigura Ada Giachetti.
Dalla porta di destra si accede alle otto sale del museo, organizzate tematicamente e che ospitano una grandissima quantità (oltre duemila) di cimeli carusiani: fotografie originali, locandine, scritti, lettere, oggetti appartenuti all'artista, le sue posate d'argento con le iniziali, grammofoni d'epoca, dischi, schizzi e caricature (Caruso era anche un apprezzato disegnatore), la camera, storici costumi di scena usati dal tenore e donati al museo dal Centro di Studi Carusiani di Milano fondato da Luciano Pituello, che ha collezionato nel corso degli anni cimeli d'ogni tipo.
Fra i costumi esposti, colpiscono particolarmente l'attenzione, quello di Canio (con la grancassa usata in scena) eternato nelle foto di Pagliacci e il kimono, molto ricercato, indossato come Osaka in Iris al Metropolitan nel 1907.
Un percorso suggestivo e davvero emozionante, reso ancor più vivido dalla possibilità di ascoltare lacerti dei brani più famosi cantati dal tenore man mano che ci avviciniamo alle varie vetrine di esposizione.
Come è noto, Caruso nelle foto storiche che lo ritraggono in abiti civili appare sempre elegantissimo, perfettamente a suo agio nel personaggio del grande tenore, ed ebbe certamente una grandissima cura nel modo di presentarsi ed atteggiarsi.
Un grande precursore certamente anche in questi ambiti citati: un artista che oltre ad aver perfettamente compreso l'importanza del linguaggio dell'apparire e del mostrarsi nella società moderna, fu il primo ad afferrare al volo le potenzialità del disco, così da poter lasciare traccia sonora di sé. A prescindere dagli enormi meriti storico-artistici di Enrico Caruso quindi un artista anche per queste caratteristiche perfettamente proiettato verso il Novecento.
Il Museo è visitabile con l'orario seguente:
mercoledì e giovedì: ore 10-13
venerdì, sabato e domenica: ore10-13/ore15-18
(orario valido fino al 31 maggio)
http://www.museoenricocaruso.it/ [10]
Fabio Bardelli