La cittadina di Manziana sta lungo la strada che da Roma porta a Viterbo, subito passato Bracciano. Vi si respira aria fine di collina, anche perchè è lambita da un fitto bosco di querce e la sua piazza, che fa da sagrato alla chiesa e da corte a un antico palazzo baronale, è anche una finestra sul lago che sta più in basso, disegnato nel verde. Vanta un santo patrono di rilievo nel Martirologio romano, nientemeno che San Giovanni Battista. Per degnamente festeggiarlo una volta l’anno, si costituisce un apposito comitato, che si affianca al Comune, al presente guidato da un sindaco-rosa, la dottoressa Lucia Dutto, alla Pro-loco, a un qualche sponsor. Nulla di nuovo, queste feste si somigliano tutte, della parte religiosa s’interessa il parroco, novene, messe, processioni, agli altri tocca organizzare luminarie, fuochi d’artificio e l’immancabile festa in piazza. Qui di solito l’orgoglio di campanile si sforza di portare sul palco il cantante più trendy, non importa se rock, pop, lounge o d’altro genere, affiancato da una qualche faccia televisiva che lo presenti. A Manziana no: per festeggiare il Battista, in piazza si è fatta l’Aida! Proprio l’opera tutta, per intero, con l’orchestra, il coro, il ballo. E l’iniziativa ha fatto sold-out con gli spettatori venuti anche dai paesi vicini che sforavano nelle strade laterali, seduti, in piedi e i più fortunati affacciati ai balconi. E silenzio, tensione, passione per la musica che scorreva, Radames che si scopriva prescelto a guidare le egizie coorti, Aida che si rodeva dal rimorso per avergli augurato la vittoria e tutto il resto, il ballo dei moretti nell’appartamento di Amneris, la scena del trionfo, le danze, la sfilata, i prigionieri etiopi. E poi il Nilo, il Giudizio, la Fatal pietra. Sempre con gli applausi al punto giusto e l’entusiasmo alla fine, sfociato nell’esecuzione collettiva – artisti, coro, pubblico – di un inno di Mameli inaspettato, indovinato epilogo per una serata che ridava vita e significato a quel Paese del Melodramma che molti ritengono scomparso e che Bruno Barilli aveva amato e descritto, negli anni 30 del secolo scorso, come “un colpo di scure piantato sulla tavola impeccabilmente imbandita dei musicologi competenti.” Non so se posso ascrivermi del tutto nella su citata categoria, ma un po’ di Aide anche impeccabili ne ho vedute in Teatri di primo e primissimo rango. Eppure, questa un po’ ruspante della piazza di Manziana mi ha dato emozione nuova e piena, per la musica, per il pubblico e il fatto stesso che si rappresentava lì, in onore del Santo Patrono, tra la chiesa, il palazzo baronale e la finestra sul lago. Merito anche di una esecuzione accettabilissima pure da eventuali “intellettuali accantonati e ostili” tuttora bersagliabili dalle veementi frecciate di Barilli. La dirigeva Gianmarco Moncalieri con l’Orchestra Eptafon, il Coro Mirabiles Cantores, i danzatori dell’Accademia Orientamento Danza, la regia di Daniele Vincenti, la scenografia assai funzionale di Annamaria Recchia. Gli interpreti Fausta Ciceroni protagonista, Matteo Sartini Radames, Rita Corbello Amneris, Andrea Carnevale Amonasro, Alessio Magnaguagno Ramfis, Silvio Riccardi il Re, Barbara Azzarà la Sacerdotessa e Andrea Fermi il Messaggero.
Francesco Canessa