Rosina | Elena De La Merced |
Don Polidoro | Stefano Ferrari |
Don Cassandro | Giorgio Caoduro |
Fracasso | Filippo Adami |
Simone | Alex Esposito |
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Maestro Concertatore e Direttore | Giuliano Carella |
Regia | Marco Gandini |
Scene | Italo Grassi |
Costumi | Maurizio Millenotti |
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Orchestra del Teatro La Fenice |
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Rappersentazione Effettuata |
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Presso Il |
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Teatro Malibran |
Vienna 1768, a causa delle bizze di orchestrali e cantanti insofferenti, la prima opera formalmente compiuta di un dodicenne di assoluto genio non va in scena e si dovrà attendere quasi un anno prima di vederla rappresentata a Salisburgo; l’ opera è “La finta semplice”, il fanciullo Wolfgang Amadeus Mozart.
La prima “vera” opera del Grande Salisburghese, se non vogliamo considerare l’intermedium in latino “Apollo et Hyacintus" ed il Singspiel “Bastien und Bastienne”, si avvalse di un libretto attribuito, forse con troppa facilità, a Carlo Goldoni, già utilizzato dal napoletano Perillo, e rielaborato da Marco Coltellini, poeta cesareo alla corte di Vienna.
L’ intreccio è davvero debolissimo: due ricchi fratelli, l’ ingenuo ed impacciato Polidoro ed il ruvido ma appassionato Cassandro, subiscono il fascino della “finta semplice”, vale a dire la baronessa Rosina, sorella del capitano Fracasso, innamorato a sua volta di Giacinta, sorella dei due gentiluomini. A far da contorno alle vicende amorose, agli inganni ed agli equivoci un’ altra coppia di “amorosi”, formata dalla furba Ninetta, cameriera di Giacinta e Despina “in nuce”, e dal sergente Simone, attendente di Fracasso. Il felice scioglimento della vicenda avviene con le nozze di Fracasso con Giacinta, di Cassandro con Rosina e di Ninetta con Simone; il povero Polidoro, gabbato, si consolerà, si suppone, altrimenti.
“La finta semplice” è composta secondo i canoni codificati dell’opera buffa settecentesca, ma la musica del genio dodicenne, seppur ancora convenzionale, e sarà ancora “convenzionale” in “Mitridate” e ne “La finta Giardiniera” presenta già caratteri autonomi rispetto alle regole del tempo e dei veri colpi d’ala melodici, come nell’ aria di Rosina “Ho sentito dir da tutte”, nella quale la varietà di invenzioni melodiche sembra inesauribile e l’ oboe “obbligato” risulta assolutamente seducente.
Altro momento “alto” dell’ opera è costituito dall’ aria di Fracasso nel terzo atto “Nelle guerre d’amore”, con tre “da capo”, caratterizzati da variazioni di difficoltà crescente, incatenati da incisi.
La scelta della Fenice di rappresentare per la prima volta questo piccolo capolavoro a Venezia, al Teatro Malibran, si rivela azzeccata e riuscitissima, grazie ad una perfetta sintesi tra gli elementi che caratterizzano l’allestimento, vale a dire voci, direzione musicale, allestimento scenico e regia.
La regia di Marco Gandini brilla per inventiva continua, leggerezza ed eleganza di movimenti, divertenti e mai eccessivi, sempre tesi a sottolineare la musica ed a rendere, in sintesi, credibile l’esile trama goldoniana, deliziose le invenzioni della fumante polenta che Cassandro offre agli ospiti nel finale del primo atto, ed il cagnolino che viene regalato a mo’ di consolazione allo scornato Polidoro: piccole cose di buonissimo gusto. Italo Grandi, che firma una bellissima scena fissa, quasi una serra, che si anima di pochi, piacevoli, elementi mobili, contribuisce, insieme Maurizio Millenotti, autore dei semplici ed eleganti costumi, ed al “light design” assai suggestivo di Marco Filibeck, alla riuscita totale della parte visiva dello spettacolo.
Giuliano Carella concerta con eleganza e brio, anche se talora avremmo preferito una maggiore ariosa leggerezza, assecondato da un’orchestra davvero in notevole forma.
La compagnia di canto, giovane e totalmente partecipe anche per quanto riguarda l’aspetto attoriale, va accomunata in un unico, convinto plauso, tanta è stata la freschezza di canto e l’intensità interpretativa che ha saputo profondere nella partitura mozartiana. Voci belle, a posto nell’intonazione ed a proprio agio nelle diverse caratterizzazioni; un piacere per le orecchie, una volta tanto.
Citiamo dunque, ribadendo il nostro apprezzamento per tutti gli interpreti senza distinzione, la Rosina di Elena de la Merced, magnifica nella sua grande aria, il Polidoro di Stefano Ferrari, il Cassandro smargiasso di Giorgio Caoduro, la deliziosa Giacinta di Silvia Tro Santafé, l’intrigante Ninetta di Gemma Bertagnolli, il Fracasso di Filippo Adami, splendido nella citata, difficile, aria del terzo atto, ed infine il generoso Simone di Alex Esposito.
Alla fine il pubblico, tra cui moltissimi giovani e giovanissimi, ha tributato un giusto e meritato successo ad una produzione che ha dimostrato la possibilità di realizzare dell’ottimo teatro in musica con costi limitati, avvalendosi di professionalità giovani ricche di entusiasmo nel proporsi.
Questa volta abbiamo lasciato il teatro felici per una serata totalmente riuscita.
Alessandro Cammarano