Direttore | Will Humburg |
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Baritono | Giovanni Meoni |
Mezzosoprano | Chiarastella Onorati |
Baritono | Maurizio Leoni |
Lettore | Paolo Calabresi |
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Orchestra Dell’accademia Nazionale di Santa Cecilia |
Programma del concerto
“Ouverture in fa minore op.84”
di L.V. Beethoven1(770 –1827), tratta dalle musiche di scena composte per l’Egmont di Goethe
“Al di qua dell’improvvisa barricata”, opera commissionata dall’Accademia di Santa Cecilia al compositore italiano Giacomo Manzoni (Milano, 1932), per mezzosoprano, baritono, lettore ed orchestra, (qui presentata per la prima volta in assoluto)
dal Don Carlos di G. Verdi (1813 – 1901) “Per me giunto è il di supremo… o Carlo ascolta“ ( atto IV, quadro II)
di Antonin Dvoràk (1841- 1904) , la Sinfonia n. 9 in mi minore op.95 “Dal Nuovo Mondo”
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Roma - La pena di morte. Una realtà che trova origine in tempi lontanissimi (sicuramente ancor prima che fosse “legalizzata” nel famoso codice giuridico/penale del re babilonese Hammurabi) e da sempre ha accompagnato le vicende dell’essere umano, giungendo purtroppo sino ad oggi in molte (troppe) zone del mondo anche in alcune cosiddette civilizzate. E’ questo il tema del concerto dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta dal maestro tedesco Will Humburg all’Auditorium Parco della Musica di Roma per la stagione sinfonica 2004-2005.
Il concerto si è tenuto nella stupenda sala Santa Cecilia , famosa per l’architettura al servizio completo dell’acustica, la sera del 22 gennaio, con repliche previste per il lunedì 24 (trasmessa da Radiotre) ed il martedì 25.
In programma: l’ “Ouverture in fa minore op.84” di L.V. Beethoven1(770 –1827), tratta dalle musiche di scena composte per l’Egmont di Goethe, dramma in cui si narra dell’omonimo protagonista, eroe dell’indipendenza olandese, messo a morte dall’inquisizione spagnola; “Al di qua dell’improvvisa barricata”, opera commissionata dall’Accademia di Santa Cecilia al compositore italiano Giacomo Manzoni (Milano, 1932), per mezzosoprano, baritono, lettore ed orchestra, (qui presentata per la prima volta in assoluto) ispirata a testi di Cesare Beccaria (primo intellettuale a levare il suo grido contro la pena di morte, “né utile né necessaria”) e Giovanni Raboni disposti dallo stesso Manzoni; dal Don Carlos di G. Verdi (1813 – 1901) “Per me giunto è il di supremo… o Carlo ascolta“ ( atto IV, quadro II) grande scena della morte di Rodrigo Marchese di Posa (qui tratta dall’originario duetto con Don Carlo e riadattata per il solo baritono) anch’egli vittima designata dell’inquisizione spagnola (dopo essersi fatto trovare in possesso delle carte compromettenti dell’Infante Don Carlos, proprio per scagionare quest’ultimo); infine di Antonin Dvoràk (1841- 1904) , la Sinfonia n. 9 in mi minore op.95 “Dal Nuovo Mondo” celeberrima, e qui inserita (nonostante le perplessità di alcuni, considerando che lo stesso compositore non voleva si facesse troppo caso al titolo, aggiunto all’ultimo momento prima di inviare la partitura al direttore A. Seidl che ne diresse la prima…) a testimoniare come la pena di morte sia tutt’ora in vigore proprio in alcuni Stati americani.
Protagonista assoluto della serata, il direttore Will Humburg, già precedentemente ascoltato in più occasioni al Teatro dell’Opera di Roma, si è dimostrato ancora una volta all’altezza delle aspettative se non di più!
Alle qualità professionali si uniscono l’altissima preparazione tecnica (perfetta anticipazione di tutti gli attacchi, gestione costante e totale di ciascun gruppo di strumenti) e soprattutto la capacità di ottenere dall’orchestra un’esecuzione che colpisce per l’attenzione alla partitura e l’estrema cura dell’espressione e dei colori. Nulla è lasciato al caso, sia nella parte prettamente sinfonica che in quella operistica, è come se ogni frase musicale fosse cesellata attraverso un sapiente ed efficacissimo utilizzo dei colori espressivi , cosa che viene valorizzata grazie all’ottima acustica della sala. L’impressione è quella di essere letteralmente avvolti da ondate di suono che immergono totalmente l’ascoltatore nel discorso musicale. Insomma, grandissime emozioni regalate al pubblico e premiate con applausi convinti (sublime esecuzione dell’ Ouverture dell’ Egmont, e ovazioni per la Sinfonia n9 di Dvoràk, la cui interpretazione è di sicuro riferimento!).
Approvazione anche per l’ Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la quale, nonostante due soli incontri di prova, ha dato il meglio di sé (qualche piccola imprecisione, che però non ha inficiato minimamente la godibilità del concerto!). Molti gli applausi e i riconoscimenti anche da parte dello stesso direttore che si è preso tutto il tempo per gratificare gli orchestrali.
Ottima la prova del baritono Giovanni Meoni, che ci offre una morte di Rodrigo davvero toccante!
Voce di buon timbro e bellissimo colore (comunque non scurissimo), corposa ed omogenea su tutti i registri, eccellente fraseggiatore, riesce a trasmettere tutta la nobiltà, sia d’origine che d’animo, di Rodrigo e la sua contemporanea grande sofferenza. Il momento del trapasso arriva carico di grande pathos anche per la tensione drammatica che Meoni riesce a creare proprio per la cura del morbidissimo fraseggio, la comprensione del personaggio, e la capacità di entrare in quest’ultimo, senza così dover ricorrere a forzature. L’orchestra lo accompagna perfettamente, con l’effetto di una fusione tra voce e strumenti che si conclude con ovazioni da parte di un pubblico particolarmente emozionato (considerando che si tratta di alcune tra le più belle pagine mai scritte per l’opera lirica!)
“Al di qua dell’improvvisa barricata” purtroppo non riscuote, in sala, il successo che meriterebbe…Molti spettatori si astengono dall’applaudire (anche quando lo stesso Manzoni raggiunge gli interpreti e il direttore sul palco) comportamento poco condivisibile considerando invece, pur nella sua indubbia difficoltà (soprattutto per orecchie non particolarmente educate), la profondità e la drammatica verità non solo dei testi, ma della musica stessa che si fonde con essi in maniera decisamente efficace.
Tra gli interpreti si distinguono il lettore Paolo Calabresi, attore romano, che riesce, tecnicamente, ad integrarsi molto bene nell’ “insieme” formato da cantanti ed orchestra, dimostrandosi a suo agio. Calabresi trasmette, con i giusti accenti alla parola ed un’efficace presenza emotiva, tutto il dolore, la disapprovazione e l’orrore della pena di morte come attentato alla sensibilità dell’essere umano.
Il mezzosoprano Chiarastella Onorati, si cimenta nell’impervia tessitura scritta da Manzoni (come ad esempio i molti attacchi in pianissimo ed in zona acuta ), con grande correttezza musicale. La voce è piuttosto scura, ma presenta delle disomogeneità nel registro medio-basso (alcuni suoni sembrano un po’ intubati perdendo in brillantezza) ed un’ oscillazione un po’ troppo evidente in zona acuta. Ad ogni modo la sua è una prova di tutto rispetto, ma che senz’altro ha un ampio margine di miglioramento che le auguriamo.
Il baritono Maurizio Leoni, è passato quasi inosservato. Voce esigua, spesso coperta dal mezzosoprano e dall’orchestra, con difficoltà in zona acuta corretto musicalmente, non ha suscitato particolare emozione né attenzione. Anche per lui comunque, è da considerare la difficoltà della tessitura.
Paola Cacciatori