Serpilla | Annalisa Carbonara |
Bacocco | Claudio Sgura |
Istituzione Concertistica Orchestrale “magna Grecia” di Taranto |
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Direttore | Piero Romano |
Regia, Scene e Costumi | Federico Passariello Jr. |
L’Associazione Musicale della Magna Grecia di Taranto ha instaurato, a partire dal 2002, nell’ambito delle “domeniche in concerto” segmento pomeridiano della rassegna “Eventi Musicali” una piccola tradizione, quella cioè di proporre intermezzi settecenteschi tradizionalmente esclusi non solo dalle rare programmazioni operistiche che si svolgono nel capoluogio ionico, ma soprattutto all’interno delle stagioni concertistiche.
Il successo dell’operazione ha portato con gli anni ad individuare, nella Serva padrona di Paisiello (2002), nel Maestro di cappella di Domenico Cimarosa e nel Telefono di Giancarlo Menotti (digressione novecentesca) nel 2003 e ancora nella Zingara di Rinaldo da Capua dello scorso anno, i titoli più adatti a dare continuità all’iniziativa, culminata ieri sera per la stagione 2004/05 nel répechage de Il Giocatore (1775) che Luigi Cherubini compose quand’aveva pressappoco quindici anni, utilizzando il testo che Antonio Salvi aveva scritto mezzo secolo prima per Giuseppe Maria Orlandini. Intermezzo il cui successo determinò una serie infinita di rappresentazioni in varie città italiane tra le quali Firenze, città natale di Cherubini, dove fu presentata nel 1723 con il titolo Il marito giocatore e la moglie bacchettona.
Le ragioni del favorevole accoglimento da parte della società del tempo per il testo di Salvi è da ricercare nella comicità che scaturisce dalla contrapposizione fra i due protagonisti (Serpilla e Bacocco), dagli opposti e contrastanti caratteri e dalle conseguenti schermaglie amorose che ne derivano. Ma il titolo stesso, proposto dalla pièce, si ispirava soprattutto ad una puntuale disàmina della vita contemporanea e dei vizi sociali ad essa connessi tra i quali vi era quello del “gioco”. Molti librettisti e compositori infatti si sono misurati con lo spinoso argomento attraverso lavori nei quali il protagonista maschile e in alcuni casi anche femminile è al centro di una impietosa satira sulla dipendenza dal gioco. Privo di qualsivoglia implicazione patologica, la storia dell’intermezzo di Salvi/Cherubini si offre con grande semplicità il cui snodo porterà all’inevitabile lieto fine. Serpilla vuol separarsi dal marito Bacocco che la trascura per il vizio del gioco al punto da impegnarsi pure la dote. Decide quindi di far ricorso al giudice per ottenere il divorzio, ma questi non è che il marito travestito il quale tenta delle avances e, sentendosi incoraggiato, si accende di gelosia. Fattosi riconoscere, Bacocco caccia via la moglie che è costretta a mendicare per le strade. Quando però si rincontrano, l’amore divampa di nuovo e i due ritornano insieme.
Sin dalle poche battute strumentali premesse all’intermezzo, Cherubini mostra una padronanza dello stile italiano non disgiunta da una originalità sul piano propriamente creativo, che è singolare in un musicista ancora così giovane. Egli segue i dettami dei compositori coevi scrivendo una musica brillante non priva di geniali intuizioni e più ricca di sfumature espressive. Di estremo interesse il modo in cui il compositore usa le formule comiche per esprimere situazioni drammatiche rovesciando quindi i significati strutturali. Del resto l’opera racchiude alcune piccole anticipazioni musicali che si ritroveranno successivamente nello stile del Cherubini più maturo come ad esempio il metodo di impostazione declamatoria della parola in musica che modella una linea vocale più problematica nell’altalenante vigore dei ritmi verbali e dei significati: un lavoro dunque che funziona benissimo come concentrato di attualità ed umorismo.
Oltre che per la piacevolezza e il brio esilarante dello spunto comico, sotto il profilo musicale questo Giocatore si rivela un piccolo gioiello integrato da alcuni movimenti ad inizio delle tre parti tratti dalla Sinfonia G 490 in re maggiore di Luigi Boccherini anche se avremmo preferito l’utilizzazione di pagine strumentali dello stesso autore, magari tratte dai suoi quartetti. Come tale è stato offerto sotto la direzione affidabile del maestro Piero Romano alla guida dell’eccellente Istituzione Concertistica Orchestrale “Magna Grecia” di Taranto e nella prestazione vocale e scenica di Annalisa Carbonara e Claudio Sgura.
La prima, dotata di una voce che tradisce la predisposizione ad un repertorio più impegnativo, come attestato del resto dal suo curriculum, è sembrata quasi sprecata in un ruolo che non le consente di mettere in luce tutte le sue possibilità sia vocali sia interpretative. Molto bene ha reso nei momenti più “drammatici” vedi il duetto “Questo è l’uom” e tutto l¹inizio della terza parte.
Ben centrato vocalmente e teatralmente buffo il baritono Claudio Sgura che si è imposto anche nell’aria di furore “Vanne bacchettoncina”.
Sulla regia di Feferico Passariello jr., al suo debutto melodrammatico dopo molti anni di militanza nel teatro di prosa amatoriale, autore anche degli elementi scenografici e dei costumi, c’era molta curiosità, soprattutto conoscendo la sua passione per il mondo dell’opera. Tuttavia il lavoro cherubiano non è stato certo il più adatto a far emergere la fantasia, l’inventiva e quel gusto per il particolare che sono il tratto distintivo dei suoi spettacoli. Ci saremmo aspettati, proprio perché allestito in uno spazio non tradizionale quale è appunto il Palazzo della cultura di Taranto sede della Biblioteca Civica “P. Acclavio” anziché in un teatro, qualcosa di meno scontato e di già visto. Comunque ha fatto agire i protagonisti, affiancati da un gruppo di mimi, con molto senso del teatro.
Le scene, semplicissime, riproducevano dei “dadi” sulle cui facce, oltre ai numeri segnati, erano riprodotti dei disegni che in varie combinazioni mostravano i luoghi dove l’azione ha luogo. Vivaci i costumi.
Successo calorosissimo salutato da un pubblico festoso.
Dino Foresio