Samuele Simoncini è un tenore toscano, per la precisione di Siena, noto a tutti gli appassionati in quanto negli ultimi anni sta affrontando parecchi ruoli da tenore lirico spinto e drammatico in teatri importanti, in Italia e all'estero. Tuttavia la sua storia artistica è iniziata circa vent'anni fa e merita d'essere approfondita. A tal proposito approfittiamo della sua presenza a Verona dove ha affrontato il debutto nel difficile ruolo di Enzo Grimaldo in Gioconda per fargli qualche domanda.
Bentrovato Samuele, innanzi tutto complimenti per il successo ottenuto nella recita di Gioconda appena conclusasi qui al Teatro Filarmonico di Verona. Sei soddisfatto?
Sono molto soddisfatto! Enzo Grimaldo era un ruolo a cui guardavo come un punto di arrivo, dopo aver consumato il disco interpretato da Mario del Monaco. La partitura presenta difficoltà oggettive, soprattutto per quanto riguarda la tenuta vocale ma trovo che sia perfettamente congeniale al mio attuale registro: personalmente trovo un incredibile agio in quelli che i vociomani appellano come “ruoli spaccavoci”.
A quanto pare Verona ti porta bene: Arena o Filarmonico per te pari son...
Nel 2019 sono stato chiamato dalla Signora Gasdia ad interpretare Radames nell’Aida per lo storico allestimento di Gianfranco De Bosio: è stato un jump-in dell’ultimo momento, il mio incredibile debutto areniano sognato fin da bambino, quando ebbi l’opportunità di assistere nel 1983 ad una recita di Turandot con un cast stellare (Dimitrova, Gasdia, Martinucci, Furlanetto). Successivamente, nel 2021 e quest’anno sono stati diversi i ruoli che ho portato in scena sul Grande palco dell’Arena: Ismaele, Calaf ed ancora Radames. Poi Luigi nel Tabarro per il canale YouTube (che porteremo ancora in scena il prossimo anno). Insomma, sono molto grato a Verona ed alla Sovrintendente Gasdia per le meravigliose opportunità che mi vengono offerte.
Ma facciamo un tuffo nel tuo passato: se non andiamo errati il tuo debutto, dopo gli studi iniziati praticamente da bambino, risale al lontano 2001 nel ruolo di Dorvil ne La scala di seta di Rossini. Che ricordo serbi di quelle tue primissime recite?
Ho iniziato lo studio del canto a 12 anni e fino alla maggiore età mi sono esibito in contesti popolari cantando di tutto, anche il liscio nelle balere. Nel '94 e '95 partecipai alle selezioni per il Sanremo Giovani andando in finale: fu in quell’occasione che il M° Vince Tempera, prendendomi da una parte mi disse: “Guarda, sei molto bravo, hai una bellissima voce ma canti troppo impostato per il genere pop, non funziona più in questa epoca. Perchè non ti dedichi allo studio del canto lirico?” Per me che ero già un grande appassionato d’opera fu manna dal cielo e lo presi subito in parola, cercandomi immediatamente una insegnante di canto a Siena: così iniziai gli studi all’Istituto Franci con la Signora Anastasia Tomaszewska. Grazie a lei, fui chiamato dal Prof. Cesare Orselli che all’epoca era incaricato di organizzare la produzione de La scala di seta al Teatro di Castiglion Fiorentino. Non avevo mai debuttato in alcun ruolo nè mi ero mai cimentato con le mirabolanti asperità delle agilità rossiniane ma l’offerta era talmente ghiotta che, pur sapendo di avere soltanto venti giorni prima dell’inizio delle prove, accettai sull’onda dell’incoscienza giovanile. All’epoca non esisteva ancora YouTube e per ascoltare un’opera, dovevi possederne il CD fisico. Mi catapultai quindi alla Fenice Dischi di Firenze e a casa del M° Gianni Fabbrini per farmi prestare lo spartito. Durante il tragitto di ritorno ascoltai scioccato il mio ruolo implorando l’aiuto di ogni entità suprema: qualcuno deve avermi ascoltato perchè riuscii abbastanza bene nell’impresa nonostante fossi ancora acerbo e tutt’oggi è possibile riascoltarlo dato che l’Editore Bongiovanni ne ha prodotto un disco.
Per un po' di anni affrontasti un repertorio da tipico tenore leggero. Ci rammenti qualche titolo?
Nel 2004 entrai all’Accademia del Maggio Fiorentino ed in quel periodo il M° Tangucci, essendo anche Direttore Artistico del teatro, mi affidò diversi ruoli: Conte di Almaviva in Barbiere, Rinuccio nello Schicchi, Contino Belfiore de La Finta Giardiniera, Libenskof del Viaggio a Reims, Ernesto in Don Pasquale ed altri ruoli in opere contemporanee. I ruoli più lirici che avevo debuttato entro il 2009 erano il Duca di Mantova, Alfredo, Rodolfo ed Edgardo.
Poi qualcosa si inceppò: che successe?
A cavallo del 2008 e 2009 mi furono affidate moltissime recite di Don Pasquale (credo una trentina) nel Circuito Aslico Opera Domani e nei teatri del Circuito Lirico Lombardo. La mia vocalità si stava espandendo ma non avevo le armi tecniche per imbrigliarla e così mi ritrovai a non riuscire più a gestirla in un repertorio cosiddetto “leggero”.
Ti sei mai domandato per quale ragione nessuno si accorse che probabilmente la tua vocalità era un'altra?
Avevo gli acuti e le agilità abbastanza facili, forse l’equivoco fu sostanzialmente questo. Se ne era accorto solo il M° Delfo Menicucci che durante una masterclass in Accademia mi disse: “Simoncini… lei ha una voce parecchio ma parecchio più lirica di quello che crede… studi l’affondo e vedrà che risultati otterrà”. In realtà, anche il M° Zedda durante un’audizione in cui cantavo Rossini mi disse: “Guardi lei Rossini non lo canterà mai con codesta voce, lei deve cantare Mascagni e Puccini… Ma Maestro, io ho appena cantato come Libenskof nel vostro allestimento di Viaggio a Reims (dell’Accademia Rossiniana) che abbiamo portato in scena a Firenze, 9 recite in nove giorni consecutivi… No No No Simoncini, smetta subito di cantare Rossini, dia retta a me!”
Affrontasti anche un'esperienza professionale un po' particolare...
Dopo le tante recite di Don Pasquale decisi di abbandonare momentaneamente il circuito dei teatri d’opera e di virare verso un altro percorso, sempre come cantante, ma portando uno spettacolo lirico “One Man Show” a bordo delle grandi navi da crociera in tutto il mondo. Quello che doveva essere solo un periodo, era diventato praticamente un impiego fisso, gratificante e ben remunerato ma in un contesto che percepivo totalmente estraneo. Per citare un celebre compositore, sono stati i miei “anni di galera”… in una gabbia dorata ma pur sempre una gabbia.
Finché un bel giorno due persone ti dissero che la tua vocalità era un po' diversa da quella che qualcuno ti aveva voluto far credere: mi riferisco agli incontri con Dolora Zajick e soprattutto Laura Brioli. Ce ne parleresti?
Una volta cancellato l’ultimo contratto che avevo sulle navi da crociera decisi di ricominciare da una masterclass a Montepulciano sostenuta dalla Signora Zajick la quale avendomi chiesto di cantare anche un’aria da baritono per risolvere alcuni suoi dubbi, si era convinta che dovessi cantare in quel registro di “baritono brillante”. A quel punto i dubbi erano venuti a me e per avere delle conferme, chiesi a Gianni Tangucci e a Michele Pertusi di ascoltarmi. La risposta fu tutto sommato affermativa, cioè che sarei stato anche credibile… ma avendo il registro acuto intatto sarebbe stato un peccato non proseguire sulla strada del tenore lirico-spinto/ drammatico.
Che lavoro di ricostruzione hai fatto con Laura Brioli?
Conobbi Laura ad un concerto in cui si cantava assieme: dopo le prove lei venne a darmi qualche consiglio tecnico ed essendo una vocologa mi propose di prendere lezioni da lei. Il lavoro è stato molto tecnico improntato sulla meccanica fisiologica del canto e devo dire che per me è stato risolutivo.
Quanto hai dovuto studiare per ripresentarti pronto per affrontare questa nuova fase della tua carriera?
Durante gli oltre cinque anni a bordo delle navi, avendo moltissimo tempo libero, mi sono lasciato ispirare dalle storie dei grandi cantanti che viaggiavano verso le Americhe sui transatlantici per cui ho impiegato il mio tempo a studiare nuovi ruoli ed a lavorare su me stesso per ricercare la giusta tecnica in maniera individuale. Dopo poche lezioni con Laura Brioli ho vinto il concorso Titta Ruffo in cui la Signora Giovanna Lomazzi mi ha assegnato il ruolo di Turiddu a Pavia e Como e successivamente ho avuto assegnato il ruolo di Osaka nella produzione livornese di Iris di Mascagni, ruoli che hanno aperto la strada al nuovo Me e per i quali ho guadagnato l’interesse del mio attuale agente.
Credo sia stato importante per te anche essere riuscito ad ottenere la fiducia di un valido agente che ha intuito le tue nuove potenzialità...
Andrea De Amici di InArt Management mi conosceva come lirico leggero e l’ultima volta mi aveva sentito in teatro come Ernesto in Don Pasquale. È stata Laura Brioli ad inviargli degli audio ripresi durante il concorso Titta Ruffo al Verdi di Pisa e grazie a lei ho ottenuto l’audizione con la mia attuale agenzia. Andrea De Amici è diventato un amico e confidente a cui devo praticamente tutto: grazie al suo lavoro ho potuto ricominciare nei circuiti più importanti.
Ti sei ripresentato alle ribalte come tenore spinto nel 2018, giusto in tempo per incappare negli stop della pandemia. Che hai pensato in quei lunghi mesi? Hai temuto di veder svanire definitivamente gli sforzi fatti per rimetterti in gioco?
In realtà ho ricominciato nel 2016 chiamato da Paolo Pecchioli, in veste di direttore artistico di un festival in una cittadina toscana, a ricoprire il ruolo di Cavaradossi in Tosca e sono nate da subito diverse opportunità nei circuiti regionali. Nel periodo di chiusura avevo molti contratti che purtroppo sono stati cancellati ma che grazie a Dio si stanno recuperando. Hanno dovuto cancellare anche una produzione in cui avevo affidato un ruolo molto interessante, Almeto nell’opera eponima di Franco Faccio: la recupereremo nella prossima stagione 2023 del Filarmonico di Verona e sarà una bella riscoperta. In quei lunghi mesi di chiusura mi sono goduto la mia bella casa con un grande giardino in toscana con animo positivo, scrivendo, studiando e pensando ai progetti futuri.
Ora invece, a pericolo, si spera scampato per tutti, sei soddisfatto di come stanno andando le cose?
Sono molto soddisfatto ed immensamente grato a chi sta investendo sulla mia carriera: sono un sostenitore del pensiero positivo e cerco di focalizzarmi soltanto sul meglio che la vita mi offre.
Dopo questa Gioconda cosa prevede il tuo calendario per i prossimi mesi?
Avrei dovuto cantare a Catania nella Bohème di Leoncavallo ma per varie ragioni ho dovuto cancellare, poi ci saranno molte recite di Aida al teatro dell’opera di Copenhagen ma essendo superstizioso, preferisco non parlare troppo dei nuovi progetti prima di possedere il contratto.
Sogni nel cassetto?
Debuttare come Otello e duettare a SanRemo in una canzone con una stella del Pop.
Hai qualche consiglio da dare ai giovani che iniziano ora la tua stessa professione?
Affidatevi a persone competenti, guardate chi sono gli allievi dei vostri maestri e che risultati hanno ottenuto. Sono anche dell’avviso che se un maestro non è mai stato su un palco e non ha svolto un briciolo di carriera in teatro, è molto probabile che sia poco consapevole. Createvi anche un paracadute, se prima “uno su mille” ce la faceva, oggi è molto più complicato perchè la torta è piccola e c’è molta concorrenza agguerrita e di qualità.
Se non avessi fatto il tenore cosa ti sarebbe piaciuto fare?
Probabilmente avrei continuato l’attività nel mio studio di registrazione, data la mia passione per l’AudioTecnica.
Cosa ami fare nel tempo libero?
Fin da bambino sono sempre stato appassionato dal mondo esoterico e delle energie sottili. Adoro praticare e leggere testi con queste tematiche.
Grazie per la bella chiacchierata e in bocca al lupo per i tuoi futuri impegni.
Grazie a voi e crepi il lupo.
Danilo Boaretto