Che il mondo dell’opera lirica e teatrale in generale non stia vivendo un momento favorevole è ormai noto a tutti. Le difficoltà economiche e di pubblico che non risparmiano nemmeno i principali teatri del mondo – recentemente sono circolate immagini di un Metropolitan semi vuoto durante recite dai titoli popolari – sono accentuate fra i moltissimi teatri del Belpaese. Problematiche che si trascinano ormai da decenni ed innegabilmente aggravatisi a causa della ben nota pandemia del 2020-2021. Un argomento quello della crisi di pubblico nei teatri che meriterebbe un apposito approfondimento.
Oggi però vorremmo sottolineare un aspetto dei teatri d’opera italiani di cui possiamo andare fieri ed è l’appeal che le produzioni operistiche made in Italy riescono ancora ad avere verso l’estero. Recentemente il ROF è andato in trasferta presso la Royal Opera House di Muscat, la Scala è volata spesso in Giappone, la Dutch National Opera di Amsterdam ha affidato frequentemente la realizzazione di suoi spettacoli all’accoppiata Michieletto/Fantin e tra pochi giorni l’allestimento di Adriana Lecouvreur nato proprio in piena pandemia come film-opera, successivamente portato sul palcoscenico del Teatro Comunale di Bologna, si presenterà al proscenio del Joan Sutherland Theatre noto ai più come Sydney Opera House. Queste sono le belle cose di cui noi italiani possiamo ancora andare fieri e l’orgoglio è maggiore se, come in questo caso, la creatività italiana data dalla regia di Roberta Cucchi, le scene di Tiziano Santi, i costumi firmati da Claudia Pernigotti è sublimata dalla presenza sul palcoscenico di Ermonela Jaho - una delle interpreti di riferimento del ruolo di Adriana Lecouvreur a livello internazionale negli ultimi anni - e sul podio di Leonardo Sini, uno dei giovani direttori d’orchestra di maggiore talento e che meritatamente si sta affermando a livello internazionale.
Per queste ragioni abbiamo pensato di fare una telefonata a Sidney per scambiare qualche parola con Leonardo Sini ma anche con la protagonista di questa Adriana Lecouvreur, il celebre soprano albanese Ermonela Jaho.
Buongiorno Leonardo e buongiorno Ermonela, qui a Milano è mezzanotte, pertanto, a Sidney dovrebbero essere le 10…
Per iniziare chiederei ad entrambi: come si sta a Sidney e come si lavora presso Opera Australia?
Ermonela: a Sydney in questo periodo si sta molto bene. Ho lasciato New York con un freddo considerevole e qui siamo in piena estate. Si lavora molto bene con grande tranquillità, soprattutto quando si fa musica con amici capitanati da una regista e donna di Teatro come Rosetta Cucchi, un direttore d’orchestra come Leonardo Sini di grande bravura e sensibilità oltre a colleghi meravigliosi Carmen Topciu, Michael Fabiano, Giorgio Cauduro e tutti gli altri.
Leonardo: Sydney è una città meravigliosa; cosmopolita, giovane, friendly da tutti i punti di vista, accogliente! Gli australiani sono un popolo di straordinaria apertura umana e culturale. Sono sempre pronti ad aiutarti e cercano sempre di farti “sentire a casa”! Il Teatro è una “macchina” perfettamente organizzata con uno staff giovane, entusiasta e sempre a disposizione per accoglierti e collaborare con un sorriso!
Leonardo, se non vado errato non è la tua prima volta presso questo teatro. Ci ricordi la tua precedente esperienza?
Si tratta del mio secondo debutto qui in Australia!
Lo scorso anno ho avuto occasione di dirigere per la prima volta la Turandot (anche quello un debutto) nelle seconde recite di un collega. Questa volta la produzione l’ho potuta invece seguire fin dal principio ed è stato un lavoro molto intenso ed affascinante!
Ermonela, anche per te non è la prima volta a Sidney. Ti ricordiamo impegnata in una Bolena: cos’altro?
Per me è la terza volta. Venni per la prima volta a Sydney nel 2016 per La Traviata, successivamente tornai per Anna Bolena e adesso è la volta di Adriana Lecouvreur.
Leonardo, passare dal freddo di Dresda al clima temperato di Sidney non dev’essere male…
Si, è stato direi uno “shock termico” notevole! Ma poter passare dalle sciarpe ai costumi da bagno è una possibilità incredibile. Un’altra delle fortunate caratteristiche del nostro mestiere “vagabondo”.
Ermonela, l’ultima volta che OperaClick scrisse di te, per altro in termini lusinghieri, fu proprio in occasione delle recite di Adriana Lecouvreur a Salerno l’ottobre scorso. Possiamo quindi dire che ormai Adriana fa parte del tuo repertorio consolidato. Cosa ti attira maggiormente di questo personaggio sia dal punto di vista vocale che interpretativo? Quali solo le difficoltà maggiori?
Si, in Italia l’anno scorso sono stata a Roma per partecipare alla registrazione della Turandot con il Maestro Pappano e l’ultima occasione è stata Adriana a Salerno. Adriana è entrata nel mio repertorio dal 2021 con il mio debutto alla Wiener Staatsoper; da quel momento ogni volta che riprendo questo ruolo lo sento sempre molto vicino a me. Un personaggio vicino agli artisti che considerano la scena come luogo per la propria catarsi. Adriana richiede una maturità di vita vissuta e di artista a 360 gradi. Una maturità che va al di là del mero canto. È teatro puro che consente all’interprete di espandere ed esprimere la propria dimensione. Adriana porta in evidenza l’anima sofferente di un artista il cui vero amore è il teatro dove vive all’estremo ogni sentimento.
Dal punto di vista vocale la difficoltà maggiore è quella di mantenere percepibile quel senso di grande sensibilità e vulnerabilità fino alla fine. Non c’è niente di aggressivo e pesante in Adriana anche per contrasto col carattere della Principessa di Bouillon. È necessario arrivare alla conclusione dell’opera cantando con l’anima e far sentire proprio l’anima di Adriana che lascia questo mondo consumata dal dolore e dal tormento, volando su, libera…
Leonardo, per te invece credo sia il debutto di questo titolo. Cosa ne pensi della scrittura musicale di Cilea e nello specifico di Adriana Lecouvreur? Quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato nello studio di questa partitura e nella sua direzione?
Adriana Lecouvreur è una gemma preziosa tra le partiture di inizio ‘900.
Ha una scrittura di fattura magistrale. Cilea fu un compositore, ma soprattutto un orchestratore, abilissimo.
In Adriana si rincorrono temi, leitmotiv e armonie di grande pregio su cui Cilea “gioca”, le rielabora, le trasforma via via che la trama procede. La scrittura musicale è fresca, immediata ma mai scontata!
Si riconoscono sempre le architetture armoniche ed i “trucchi” del mestiere di un compositore, forse, non tra i più “geniali” ma certamente tra i più raffinati che l’Italia abbia avuto.
Ermonela, sei ancora giovane, eppure hai già una ventina d’anni di carriera alle spalle; evidentemente hai iniziato poco più che bambina. Cosa ti ha portato verso questa professione?
Ho trent’anni di carriera sulle mie spalle. (grazie per avermi dato della bambina)
Il canto è stato ed è la libertà per la mia anima. È iniziato come una professione e col tempo è diventato una terapia cha ha in me un effetto catartico dato che nel canto canalizzo i miei sentimenti e sempre di più scopro me stessa attraverso i ruoli che canto. Un’empatia così forte che è una benedizione ed una maledizione allo stesso tempo.
Amo cantare sempre di più e adesso vivo il canto in pieno accettandomi per quella che sono e ogni volta che sono sul palcoscenico do tutto senza riserva pensando che quella esibizione sia al contempo la prima e l’ultima della mia vita.
Leonardo, accennavamo in introduzione a questa chiacchierata che, da italiani, gongoliamo nel vedere le nostre produzioni teatrali riprendere vita su palcoscenici lontani nel mondo. In questo caso l’opera è di un compositore italiano, regista e direttore sono italiani: tutto ciò non comporta per te un aumento del senso di responsabilità? Ci puoi raccontare come è stato il lavoro con questo Team artistico?
Essere italiani e dirigere il nostro repertorio all’estero comporta sempre una doppia responsabilità.
Si è percepiti un pochino come degli “ambasciatori” di un determinato ed identificabile stile, come interlocutori affidabili di una “tradizione” che portiamo avanti perché la conosciamo fin da bambini, perché è proprio nel nostro DNA culturale. Questo ci pone di fronte sempre ad aspettative altissime e ad un grande senso di coscienziosità.
Lavorare in questa produzione è stato semplicemente entusiasmante!
Avere l’occasione di trovarsi sul palcoscenico un’artista come Ermonela, che è un’interprete di somma bravura e dotata di un carisma fuori dal comune, è un’emozione che dà i brividi!
Lei incarna esattamente ciò che un vero artista dovrebbe essere. Lascia che la sua anima si trasmetta ed abbracci totalmente il personaggio che interpreta, diventandone un tutt’uno, senza mai perdere di vista la musica e la scrupolosa aderenza a ciò che il compositore ha scritto: arte pura.
Suo straordinario partner sul palcoscenico è Michael Fabiano, altro artista di rango assoluto che riesce ad interpretare il difficilissimo ruolo di Maurizio con grande perizia tecnica e senza mai essere “sopra le righe”. Con una scrittura vocale estremamente difficile non è cosa così scontata.
Ci sono poi artisti di grande qualità come Giorgio Caoduro e Carmen Topciu nei ruoli delicati e profondi di Michonnet e della Principessa di Bouillon.
I rimanenti ruoli “di fianco”, che in Adriana sono delicatissimi e per nulla semplici, sono affrontati da artisti australiani di grande bravura, preparazione e aderenza musicale e stilistica!
Vorrei poi sottolineare lo splendido lavoro fatto da Rosetta Cucchi che legge ed interpreta Adriana Lecouvreur come la storia di quattro donne differenti che, in epoche molto diverse tra loro, sono tutte legate dalla scelta di dedicare al Teatro ed all’Arte la loro intera esistenza. Rende Adriana il paradigma di donne che hanno pagato una scelta di vita non facile, rinunciando a tutto, o perlomeno a moltissimo, per amore del palcoscenico e del pubblico.
Una visione potente ed originale che lei, eccellente musicista oltre che regista, ha saputo descriverci e trasmetterci con grande entusiasmo e passione.
Questo spettacolo lascia nel pubblico un messaggio delicato ma al contempo potente. Vivere per l’arte, dedicarsi ad essa anima e corpo, comporta sacrifici e rinunce, inseguendo un ideale di perfezione che è impossibile da raggiungere. Ma in questo viaggio ogni artista riesce a trovare momenti di sublime felicità che lo ripagano delle difficoltà e delle frustrazioni; questa felicità deriva dall’amore del pubblico a cui, non dobbiamo mai dimenticarlo, tutto il nostro lavoro è sempre rivolto.
Ermonela, hai iniziato soprattutto con titoli mozartiani e opere del Belcanto italiano inserendo pian piano qualche ruolo un po’ più lirico; quanto meno i primi dieci anni di carriera li hai vissuti così. C’è tuttavia un personaggio che, ci vien da dire, ti sta accompagnando negli anni ed al quale sembri molto affezionata: ci riferiamo a Violetta. A cosa è dovuto questo legame? È un ruolo che senti particolarmente congeniale alla tua vocalità?
Tutti gli autori sono una scuola di canto e aiutano a formare quel bagaglio di esperienze che fa bene alla voce, soprattutto ad un lirico come me. La Traviata è stata la prima opera che vidi dal vivo a Tirana e immediatamente mi innamorai del carattere di Violetta. Avevo 14 anni e da quel momento giurai a me stessa che avrei dovuto cantarla almeno una volta prima di morire. Sino ad oggi ho contato tutte le recite di Traviata e proprio due settimane fa al Metropolitan Opera di New York ho interpretato per la 306ima volta il ruolo di Violetta. Come si sa Violetta è un personaggio che mette alla prova la tua forma vocale in tutto e per tutto. Ora la sento diversa da quella che cantavo a 20, 30, 40 anni e riuscire ancora a cantarla oggi a 49 anni, mi porta indietro nel tempo, a quel momento quando avevo 14, quando nacque il mio sogno di diventare una cantante lirica. Quel sogno che cammina nel tempo con me. Questo è il legame che ho con il ruolo di Violetta però anche Butterfly l’ho cantata tanto: 178 recite. Poi ho interpretato spesso Suor Angelica e via, via tanti altri ruoli.
Leonardo, sei già riuscito ad instaurare il necessario feeling con l’orchestra dell’Opera Australia? Quali sono le caratteristiche migliori di questa compagine orchestrale
L’Orchestra di Opera Australia è di qualità eccellente.
Hanno un’identità di suono molto peculiare, sono estremamente accoglienti ed aperti a seguire le indicazioni ed i suggerimenti di un Direttore. Lavorare con loro, ma anche con il Coro è davvero facile, rilassante e gratificante!
Ermonela, fra gli ultimi impegni della carriera di Dame Joan Sutherland, nel 1984 ci furono le recite di Adriana Lecouvreur a Sydney, di cui esiste una registrazione video; esattamente 39 anni fa. Tra pochi giorni sarai sullo stesso palcoscenico nello stesso ruolo: qual è il tuo pensiero in proposito?
È vero che la grande Joan Sutherland ha cantato Adriana Lecouvreur a Sydney. Per me lei fa parte della storia. Detto ciò, quando entro in palcoscenico, non penso a chi ha fatto la storia del teatro, perché ogni artista è differente e non si deve mai pensare di imitare qualcuno. Ogni artista è unico e deve portare sé stesso e la propria esperienza sulla scena.
Leonardo, è ovvio che un direttore d’orchestra, in quanto professionista, non sempre può scegliere ciò che andrà a dirigere ma in un ipotetico mondo ideale dove tu potessi scegliere in base al tuo gradimento personale quali sarebbero i tuoi desiderata in ambito sinfonico e nel repertorio operistico?
In realtà sono molto felice del repertorio che ho affrontato finora!
Ho avuto occasione, in soli quattro anni di carriera, due dei quali funestati dal Covid, di poter debuttare opere “enormi” e di grande maturità quali Don Carlo, Simon Boccanegra, Aida, Un ballo in maschera oltre che opere di rara esecuzione come Edgar e Le Villi di Puccini ma anche l’Alzira di Verdi.
Noi siamo differenti dai cantanti che devono “preservare” uno strumento delicatissimo come la voce da potenziali “errori” di repertorio. Non credo che un giovane Direttore debba rinunciare all’occasione di affrontare un repertorio ampio all’inizio della carriera. Solo debuttando e “sperimentando” nel proprio braccio, nel proprio cuore, con la propria sensibilità e con il proprio gusto si può comprendere quale poi possa diventare il personale repertorio di “elezione”; quale quello in cui ci si trova più a proprio agio e in cui ci si sente di poter dare una personale cifra stilistica.
Fare una selezione “a priori” basata sull’età non credo sia utile a crescere come professionisti e come artisti.
Ermonela, quali nuovi ruoli ti piacerebbe affrontare in futuro e dove saranno i tuoi prossimi impegni?
In questo momento della mia vita mi piacerebbe incarnare ruoli di grande profondità umana e viverli non solo come sfida vocale ma come viaggio spirituale.
Debutterò in futuro Iris (Mascagni), Fedora, La Voix Humaine ed altri ancora.
Il 2023 l’ho aperto con La Traviata al MET e sta proseguendo con questa Adriana Lecouvreur a Sydney; successivamente sarò impegnata in un Gala recital a Liegi, Turandot (Liù) a Londra, poi sarà la volta di un Recital a Bilbao, I dialoghi delle Carmelitane (La Blanche) a Monaco di Baviera, ancora Traviata in Giappone, La Rondine a Zurigo, Turandot (Liù) a Parigi. Insomma, tanti e tanti impegni. Ma come ho detto, ogni giorno lo vivo come se fosse l’ultimo e non ho aspettative da nessuno se non da me stessa…
Grazie ad entrambi per la piacevole chiacchierata ed in bocca al lupo per le imminenti recite.
Danilo Boaretto