Le idee per far ripartire il Teatro di Cagliari all’indomani del lockdown; i programmi per il futuro tra riscoperta delle opere rare e valorizzazione del grande patrimonio del melodramma italiano; la volontà di elevare la qualità degli spettacoli e di investire sui cantanti giovani. Mentre le attività del Teatro vengono rimesse in moto, il Sovrintendente Nicola Colabianchi, a pochi mesi dal suo insediamento, espone i progetti con cui vorrebbe caratterizzare il suo mandato, ispirandosi ad un modello di teatro inteso come istituzione capace di offrire un “servizio culturale” che incontri il favore di una vasta gamma di pubblico.
Partiamo dalla strettissima attualità: il Teatro di Cagliari è stato uno dei primi a riavviare la sua attività dopo la paralisi imposta dalla pandemia. Come intende gestire questa fase di ripartenza?
Abbiamo dei protocolli rigidissimi da rispettare, che ci consentono di iniziare un’attività di prove almeno per le masse artistiche: questo ci ha permesso di riavviare l’attività, di far tornare a lavoro le masse artistiche, mentre continuiamo a utilizzare lo smartworking per i lavoratori del settore amministrativo. Abbiamo avviato un’attività di concerti in streaming, che svolgeremo garantendo il distanziamento ma proponendo un programma molto interessante, come le serenate di Tchaikovsky e di Dvorak, che verranno diffuse tramite il sito del Teatro per trasmettere il messaggio che il Teatro è vivo.
Si è parlato di una stagione estiva basata su eventi all’aperto. Ci può dare qualche dettaglio in ordine alla tipologia di eventi che intende mettere in programma?
Dopo questa programmazione in streaming, abbiamo allestito un Festival estivo che dovrebbe iniziare intorno al 15 luglio, e che dovrebbe svolgersi nella Piazza Nazzari, adiacente al Teatro. Faremo dei concerti principalmente con orchestra e coro, mentre non abbiamo la possibilità di predisporre opere complete (nemmeno in forma di concerto) per problemi di spazio, dato che non possiamo garantire il necessario distanziamento tra i cantanti. Cominceremo quindi con un concerto lirico-sinfonico in cui proporremo pagine celebri che siano adatte ad un pubblico estivo: puntiamo a offrire una programmazione accattivante, che sia “popolare” ma non “banale”. Non faremo, per intenderci, sinfonie di Beethoven, ma pagine di grande richiamo come l’overture de “I Vespri Siciliani”, il coro di Ernani, il “Preludio e morte di Isotta, e alcune arie come “Io son l’umile ancella” e “Casta Diva”, che affideremo al soprano Alessandra Di Giorgio. Poi faremo un concerto sinfonico che prevederà pezzi entusiasmanti come le “Variazioni Enigma” di Elgar e il “Romeo e Giulietta” di Tchaikovsky; quindi abbiamo in programma un concerto di musiche francesi, in cui verranno eseguiti anche i Tre notturni di Debussy; e ci sarà anche un programma di musiche americane, con pezzi di autori come Copland. Abbiamo predisposto anche un programma di danza: e siamo riusciti, aspetto interessante, ad avare danzatori sposati, così da poter proporre grandi momenti da Le corsaire o dal Lago dei cigni risolvendo il problema delle distanze, dato che sul palco si esibiranno ballerini che, in quanto marito e moglie, sono regolarmente conviventi.
Venendo al futuro, con specifico riferimento alla stagione operistica: quante probabilità ci sono in ordine alla possibilità di eseguire regolarmente i titoli verdiani che erano stati programmati per l’autunno (Luisa Miller e Aida)? E c’è la possibilità di recuperare alcuni dei titoli annullati (parte delle recite di Pagliacci, Boheme, West side story)?
Rebus sic stantibus… Luisa Miller sarebbe in programma per il 28 settembre, e questo significa che per il 1 settembre noi dovremmo essere in grado di allestire l’opera. Quindi, per Luisa Miller siamo dipendenti da decisioni che purtroppo, in una situazione di emergenza come quella che viviamo, arrivano con cadenza settimanale, e che ovviamente non agevolano una programmazione che invece è necessaria per tutti i teatri. Per Aida sono più ottimista: valuteremo, in base alle indicazioni che verranno impartite, se sarà possibile farla negli stessi termini. Speriamo di poter recuperare le vecchie produzioni: dobbiamo valutare la disponibilità degli allestimenti, anche se, da questo punto di vista, la pandemia ha coinvolto tutti i teatri, quindi è difficile che gli allestimenti che dovevano essere impegnati a Cagliari siano stati promessi altrove.
Per i titoli ancora da eseguire erano stati inizialmente annunciati dei cast con nomi di un certo interesse che poi – prima ancora del lockdown – sono stati rimossi dal cartellone. Nel caso in cui fosse possibile eseguire regolarmente quelle opere, i cantanti verrebbero confermati, o verrebbero ingaggiati degli altri artisti?
Se abbiamo preso degli impegni, cercheremo di onorarli: nostro obiettivo è quello di tenere comunque il livello più alto possibile. Tengo particolarmente a far sapere che al Teatro di Cagliari viene rispettata la parola: la parola è impegnativa, a prescindere dalla firma sui contratti. Per noi, la parola è contratto.
Lei si è insediato in un momento particolare, e chiaramente la pandemia ha interrotto i progetti che intendeva avviare. Adesso è il momento di riprendere quei progetti: come intende connotare il suo mandato, anche rispetto alle gestioni precedenti? Inoltre, anche considerata la sua formazione di direttore d’orchestra, intende nominare un direttore artistico, oppure curerà in prima persona la scelta del repertorio e degli interpreti?
Naturalmente, non posso fare tutto e avrò la necessità di avvalermi di collaboratori, per risolvere i mille problemi che la quotidianità propone. E’ chiaro che, essendo io un sovrintendente di estrazione artistica, tengo a dare un’impostazione coerente con le mie idee. La continuità con il passato emergerà soprattutto con riguardo alla scelte delle opere di inaugurazione: quest’anno, il cartellone è stato aperto con Palla de’ Mozzi di Marinuzzi, un’opera che avrei voluto programmare io, dato che sono un estimatore del Marinuzzi compositore e che sono stato allievo di Gino Marinuzzi jr. Negli anni passati sono stati allestiti “Campana sommersa” e “Lo Schiavo”: titoli che oggi risultano, inopinatamente, trascurati pur essendo molto importanti, poiché appartengono a un repertorio poco conosciuto e ma caratterizzato da peculiarità che andrebbero messe in risalto. Io quindi manterrò sicuramente questa impostazione, almeno per la scelta del primo titolo. Poi, sugli altri titoli, credo che ci sia un aspetto fondamentale: il Teatro fornisce un servizio culturale. Servizio culturale significa mettere in scena titoli che accontentino la più vasta possibile gamma di pubblico. Rispetto al passato, io forse (oltre a Verdi, a Mozart, a Donizetti e a Puccini) metterò qualche Cilea in più…
Ricollegandomi alla domanda precedente, Cagliari si connota da sempre per una grande apertura alle opere rare. La riscoperta delle opere rare ha però portato a trascurare sia alcune “pietre miliari” del repertorio verdiano (pensiamo ad Ernani, ai Foscari, a Don Carlo e alla Forza del destino) sia alcuni titoli che, pur non essendo conosciutissimi al grande pubblico, costituiscono comunque dei pilastri del melodramma (faccio riferimento non solo al repertorio verdiano che ho già richiamato, ma anche al repertorio belcantista, a certo Rossini e anche ad alcuni titoli del verismo, come Fedora). Ferma restando l’attenzione per le novità e l’apprezzamento per la valorizzazione di titoli sconosciuti, ha in programma di “colmare” questa lacuna che Cagliari da anni sconta?
Fedora l’ho già messa in programma… Io credo fermamente alla frase verdiana: “torniamo al passato, e sarà un progresso”, perché si è perso il senso di un repertorio che faceva parte dell’immaginario generale. Faccio un esempio: quando ero direttore artistico al Teatro dell’Opera di Roma, ho programmato Mefistofele di Boito: Mefistofele erano cinquant’anni che non veniva messo in scena a Roma. Eppure, fino agli anni ’50, veniva eseguito ogni due anni: il grande Nazareno De Angelis, straordinario interprete del ruolo, aveva cantato, nella sua carriera, novecentottantasette recite di Mefistofele. Per cantare quasi mille recite di Mefistofele, evidentemente Mefistofele era rappresentato continuamente e ovunque… da quanto manca Mefistofele a Cagliari? Io amo citare spesso una frase di George Bernard Shaw: “De La Traviata potremmo anche fare a meno, ma di Mefistofele no”. Discorso analogo può valere per La Gioconda: capisco l’interesse che si crea per opere nuove, però il repertorio assodato (perché il Suicidio di Gioconda o “O monumento” sono conosciuti da tutti) non può essere dimenticato, perché non possiamo perdere la nostra storia, la nostra identità melodrammatica. Quindi, cerchiamo l’opera particolare, ma non rinunciamo a opere amatissime come Francesca da Rimini o Adriana Lecouvreur.
Parliamo della selezione dei cantanti: punterete su artisti affermati o investirete sui giovani? Per esempio, in occasione di Hansel und Grethel, la scena fu dominata da due mezzosoprani giovani ma bravissime. C’è la possibilità di vedere cantanti giovani lanciati in primi ruoli, in un Teatro che comunque ha una sua importanza nel panorama nazionale?
Un Teatro sano fa ricorso a cantanti esperti, ma anche a cantanti giovani: e li trova con le audizioni, non facendo ricorso esclusivamente all’intermediazione delle agenzie. In questo senso, prima che la pandemia fermasse il tutto, avevo già avviato delle audizioni a cui avevano partecipato una settantina di cantanti, dalle quali sono emerse delle voci molto interessanti che probabilmente metteremo sotto contratto non appena potremo ripartire. Questo è il modo sano di agire: non è concepibile che si facciano cast basati solo su nomi famosi, anche perché troppo spesso si è bravi perché famosi, e non famosi perché bravi.
Ultima domanda: crede davvero che il Teatro di Cagliari possa diventare quella “hub culturale” a cui ha fatto riferimento al momento della sua nomina?
Naturalmente. Cagliari ha delle potenzialità che sono inespresse ma straordinarie: Cagliari ha un altro teatro, ha dei laboratori che ci consentirebbero di svolgere mille attività formative per tutte le professioni che gravitano intorno al mondo del teatro, ed io mi sto attivando per rendere, in questo senso, Cagliari un riferimento per tutta la Sardegna. Ora abbiamo la necessità di uscire dal tunnel in cui l’emergenza ci ha costretto, ma stiamo lavorando perché la mia non è un’affermazione generica, ma c’è la volontà precisa di procedere in questa direzione.
Carlo Dore jr.