Antonio Poli è un tenore, ormai noto a livello internazionale, dotato di una delle più belle voci, per altro utilizzata con notevole perizia, affacciatisi sui palcoscenici internazionali nell'ultimo decennio.
L'abbiamo incontrato alla vigilia di due importanti debutti: il primo, tra pochissimi giorni, sarà allo Sferisterio di Macerata con il ruolo di Cavaradossi in Tosca ed il secondo, a settembre, alla Fenice di Venezia con Manrico nel Trovatore. Due esordi impegnativi di cui abbiamo conversato, fra l'altro, in questa piacevole chiacchierata.
Buongiorno Antonio, dopo circa quindici anni di importanti impegni professionali canalizzati nel solco del repertorio da tenore lirico-leggero, anni in cui hai assecondato con pazienza la tua maturazione fisica e tecnica, hai iniziato ad inserire ruoli che tipicamente richiedono un maggiore peso vocale. Negli ultimi due anni hai affrontato per la prima volta opere come Madama Butterfly, Attila, Luisa Miller, I Lombardi. Nel tuo caso ci vien da dire, ovviamente col sorriso: la pandemia ha portato consiglio. Quali sono le ragioni di questo tuo ampliamento di repertorio?
Sono sempre stato un tenore lirico. Fin dai miei esordi a 18 anni mi riusciva molto più facilmente cantare un Alfredo piuttosto che un Ferrando o un Don Ottavio. Ovviamente, non avevo ancora basi tecniche e fisiche solide per affrontare un repertorio più pieno. Tuttavia, col senno di poi, posso affermare che cantare Mozart non è stato per nulla facile e ora come ora quando parlo alle giovani generazioni, sconsiglio vivamente di affrontare Mozart se non si ha una consapevolezza tecnica tale per poterlo eseguire senza intoppi. Consiglio invece di fare tanto Belcanto. Personalmente dopo una Luisa Miller o un Attila torno sempre ad un Elisir o ad una Lucia. Riequilibrano la voce in una maniera eccezionale. La scelta di ampliare repertorio è venuta da sola dopo i tanti Rigoletto e le tante recite di Traviata. Studiando sentivo che la mia voce si trovava a suo agio e quindi l'ho semplicemente assecondata.
Ma facciamo un passo indietro: come nasce la tua voglia di far diventare il canto la tua professione? Qualcuno in famiglia ti ha avvicinato all'opera lirica?
I miei genitori non sono del mestiere. Mio padre è stato un artigiano, mia madre una responsabile di reparti di pulizia. Seppur estranei al mondo del teatro mi hanno sempre assecondato, supportandomi senza mai vietarmi nulla ed aiutandomi ad affrontare con responsabilità quello che poi sarebbe diventato il mio mestiere. Credo sia il più bel regalo che un genitore possa fare ad un figlio.
Hai faticato a trovare la necessaria sicurezza tecnica, quella fondamentale per iniziare a cantare a livello professionale?
Ho iniziato contando semplicemente sulla mia natura e, devo dire, ha abbastanza funzionato. Ma sono stato sempre affamato di conoscenza e, in questo specifico ambito, ho sempre avuto il forte desiderio di rendere il mio strumento capace di fare tutto ciò che la mia mente e il mio cuore pretendono nei punti musicali più difficili. Su questo argomento più si va avanti con gli anni, più ci si accorge che la natura da sola non è sufficiente. Serve uno studio e una consapevolezza tecnica molto profondi se si vuole continuare a fare questo mestiere per quarant’anni.
Hai avuto un insegnante che ritieni sia stato fondamentale per la tua formazione?
Ne ho avuti vari nei miei percorsi ma devo dire che da quando studio con Paola Leolini ho trovato tutto quello che cercavo da tempo. La cosiddetta vecchia scuola che ormai è quasi impossibile trovare. È meraviglioso studiare con lei perché si lavora sulla tecnica, ma anche sul repertorio, sul fraseggio: insomma uno studio a tutto tondo.
Ti abbiamo recensito per la primissima volta, per altro con parole particolarmente lusinghiere, nell'agosto 2009 dopo un concerto con altri giovani artisti, tenutosi nell'ambito del Reate Festival. Tuttavia, sappiamo che le tue primissime esibizioni risalgono addirittura a qualche anno prima, forse il 2006 quando eri davvero giovanissimo. Quando avvenne il tuo primissimo debutto e come lo ricordi?
Non sbagli. Era proprio il 2006, feci due debutti: Requiem di Mozart e Don Giovanni con l'accademia di Santa Cecilia; da lì è partito tutto. Successivamente ho fatto la cosiddetta gavetta in vari ensemble, da Dresda a Salisburgo, dove ho colto la possibilità di imparare il tedesco.
Spesso abbiamo sentito raccontare di quanto Franco Corelli dovesse combattere la paura ad ogni esibizione. Tu che rapporto hai con l'emotività da palcoscenico?
Fin dai miei inizi precoci sono sempre stato molto emotivo. A 22 anni ero già in Scala: è normale che poi devi fare i conti con tutto. Ad un certo punto della mia vita dovevo scegliere se continuare a cantare nell'infelicità o se affrontare questo grande fardello. Ho scelto la seconda opzione e mi sono reso conto di quanto un artista abbia bisogno di tutto ciò, di lavorare su se stesso, sull'ansia da prestazione, ma anche sul binomio artista-essere umano. Ecco, se ti dai questa chance puoi veramente sperare di arrivare a fine carriera senza rimpianti ed iniziare una "nuova realtà" della tua vita in completa pace.
Abbiamo citato Corelli: hai dei riferimenti o semplicemente delle passioni fra i grandi tenori del passato?
Corelli rappresenta per me la perfezione tecnica e vocale. Ma ho tanti riferimenti: su tutti Gigli; ascoltarlo è per me ogni volta una scoperta.
Tra qualche giorno ti calerai nei panni di Cavaradossi nella Tosca che aprirà la stagione d'opera dello Sferisterio di Macerata. Per te si tratterà di un doppio debutto: luogo e ruolo. Come ti stai preparando?
Mi sono preparato a lungo studiando tanto e ascoltando i vari interpreti che hanno portato questo ruolo sui più grandi palcoscenici del mondo. Sono emozionato e carico allo stesso tempo. Non vedo l'ora!
Come vedi il ruolo di Cavaradossi e quali sono i momenti che, per la tua vocalità, ritieni più complicati?
Secondo me è un ruolo lirico. Spesso viene affrontato in maniera drammatica, ma per me i riferimenti nel ruolo di Cavaradossi sono Di Stefano e Carreras. L’amante di Tosca è una sorta di Rodolfo vocalmente un po’ più pieno. Ci sono vari momenti difficili. Per esempio, l'aria di sortita “Recondita armonia” è molto insidiosa. Ma in generale è un ruolo che dà tante soddisfazioni a chi lo interpreta.
Accanto a te ci saranno Carmen Giannattasio e Carlo Sgura: è scattato il giusto feeling con i tuoi colleghi?
Con Carmen ci conosciamo dai tempi di Falstaff alla Scala anche se in quell'occasione non avevamo avuto molte possibilità di legare. Qui ci siamo subito ritrovati ed è nata una bella amicizia. È una grande artista e la rispetto molto. Claudio Sgura lo rivedo ora dopo 18 anni. Ci conoscemmo al primo concorso lirico in un cui partecipai, proprio nella mia città. Avevo 18 anni. Lui vinse e io presi un premio speciale per la voce più promettente. Venne spesso a casa dei miei genitori e lui ama citare che lo trattammo proprio come uno di famiglia. È stupendo essere con lui in palcoscenico dopo così tanto tempo.
Un'estate particolarmente intensa dato che anche la preparazione del ruolo di Manrico, a cui dovrai dedicarti successivamente, richiederà non poco tempo e impegno...
Lo sto già preparando da tempo, ma lo riprenderò a fine produzione di Tosca. Full immersion totale.
Qual è il tuo approccio ad un nuovo ruolo?
Lo studio prima musicalmente con tutte le indicazioni dell'autore, poi ascolto le varie registrazioni. Successivamente lo affronto a lezione e cerco di renderlo il più personale possibile.
Una professione, quella del cantante, che ti porta spesso lontano da casa: è questa una cosa che ti pesa?
Mi è pesata per molto tempo, non lo nego, finché non ho scelto consapevolmente che questo era quello che volevo fare nella vita e che non c'era un piano b, il famoso lavoro interno. Quando capisci che non esiste una dualità tra queste cose allora accetti che oggi sei a New York a cantare Tosca al Metropolitan, domani a casa tua a fare l'orto. È così ed è meraviglioso.
In quest'estate particolarmente calda riuscirai a ritagliarti anche qualche giorno di vacanza?
Si assolutamente: ricaricare le pile è d’uopo. A volte questo mestiere non ce lo consente, o meglio non ce lo concediamo noi. Per me essere in vacanza significa anche staccare la testa quando si deve. È difficile ma bisogna farlo. Quindi sicuramente andrò in barca con amici fraterni.
Quindi preferisci il mare alla montagna? Hai un luogo in cui ami ritirarti quando hai la necessità di ricaricarti dal punto di vista psicofisico?
Amo entrambi: mare in estate e montagna in inverno; anche se con la mia compagna stiamo pensando di conoscere la montagna d'estate. Il luogo di ricarica personalmente è la casa in cui vivo. Amo la campagna, amo fare l'orto e curare le piante del mio parco. Per me quella è la vera vacanza.
Hai degli hobby a cui ti dedichi nel tempo libero?
Sto spesso con i pochi amici che ho nella mia città, amo leggere, fare giardinaggio, andare a cavallo.
Dopo Tosca a Macerata e Trovatore a Venezia, quali saranno i tuoi ulteriori impegni?
Sarò a Modena per il mio debutto in Mefistofele, e successivamente inaugurerò la stagione sinfonica del Teatro la Fenice con il Maestro Chung. Poi Butterfly a Bologna, Requiem di Verdi a Madrid, Attila a Marsiglia e tante altre cose che vi svelerò man mano.
Grazie per la piacevole chiacchierata e in bocca al lupo per i tuoi prossimi impegni
Grazie a voi e crepi il lupo!
Danilo Boaretto