Insomma, volevo dire che non volevo elogiare il nuovo teatro di Firenze perché non mi garba, non mi sento a mio agio, non trovo giusto che dalla galleria un si veda orchestra e direttore e, infine, trovo una solenne presa per i fondelli che al momento dell'acquisto dei biglietti in galleria non fossero disponibili i posti nelle file più alte che, poi, erano vuote. Ovvìa!
Rimpiango il Comunale che sarà sì sembrato un garage ma si vedeva tutto da tutte le parti. Orchestra e direttore compreso. L'acustica, a parte alcuni posti, non pare sia perfetta nemmeno in questo. In compenso non ci sono più i lampadari di Venini disegnati da Scarpa, non c'è più l'accogliente velluto rosso, non c'è più quella meravigliosa seconda galleria che sfidava le leggi di gravità. Non ci sono più le targhe con scritto "Qui arrivò l'acqua dell'Arno ...".
Insomma, le mie sporadiche gite all'attuale teatro sono sempre venate di tristezza mista a incazzzatura, come quando vai in un posto che consideravi un pochino "tuo" e lo trovi gestito da illustri sconosciuti che hanno spazzato via i ricordi.
Questo pippone iniziale per dire che, al di là della mia acidità, sono stata assai contenta di aver assistito a questo Trittico. Faccio mie molte delle considerazioni di Vittorio, soprattutto quelle che riguardano la direzione. Debbo dire che l'inizio del Tabarro mi ha trovata un po' spiazzata perché mi aspettavo colori più soffusi e "sentimentali" mentre il Galli ci ha fatto entrare da subito in quello che presumo sia stato il suo ordine di idee: grandi sciabolate di chiaro scuro, evidenza a ogni singolo strumento e attenzione estrema alle voci. Lo stesso in Suor Angelica dove l'affettuosa morbidezza della prima parte è spesso venata da presagi di tragedia che poi sfociano nella spettacolare entrata della Zia Principessa (... Grande Inquisitore in gonna, portatrice di quell'aura scura e afosa che piano piano si allarga sulla testa di Angelica e la soffoca sempre di più). Radioso, incalzante, bellissimo il Gianni Schicchi.
Per le voci faccio di nuovo mio il dire di Vittorio; non amo particolarmente il modo di cantare della Siri e la mia idea ha trovato conferma. Meglio come Angelica, dove pure è incappata in un paio di "errori". Buoni, ma non indimenticabili, Luigi e Michele. Generica Lauretta; Rinuccio ... mah!

Per me ha vinto la Chiuri: una Frugola così scolpita, così assurta a "protagonista" non l'avevo mai sentita; merito suo e anche del Galli, credo. Eccellente come Zia Principessa e caratterizzatissima Zita, senza esagerazioni. Insomma, la cantante ha ottimamente disegnato tre personaggi nettamente diversi tra loro.
Lo spettacolo mi è parso buono: dalla galleria, quindi da lontano, si apprezzavano le scene stilizzate e che parevano di buona fattura (e facilmente esportabili); buono il movimento "delle masse" e "ammodo" i costumi, pertinenti all'idea registica. Ho particolarmente apprezzato quelli di Suor Angelica; uno dice "Ma erano suore ...!". Sì erano suore, ma... Sono andata a scuola dalle suore dall'asilo alla maturità e ho ritrovato pienamente il senso dell'abbigliamento conventuale; i gilet e i golfini grigio spento o blu carta da zucchero che portavano le monache quando era freschino; le scarpe con il mezzo tacco, gli abiti scuri delle novizie. Incomprensibili, per me, i "buu" rivolti alla regia.
Un buono spettacolo, nel complesso. Ottimo, mi ripeto, per direzione e orchestra.
Saluti.