La scomparsa, nei giorni scorsi, di Franco Lorenzo Arruga ci ha privati non unicamente di un eminente musicologo e abile comunicatore ma di un personaggio a tutto tondo del nostro panorama culturale. A quanti lo ricordano e oggi lo rimpiangono per una conoscenza e frequentazione diretta si aggiungono i molti ai quali Lorenzo era familiare per la sua inconfondibile immagine: il borsalino di feltro scuro, le sciarpe color pastello, immancabili nelle stagioni invernali, il toscano nei momenti di spensierata conversazione, l’eloquio avvolgente ed elegantemente ammiccante. Testimone diretto delle glorie teatrali nostrane (in particolare di quelle scaligere) degli ultimi cinquant’anni, Arruga ha precorso i tempi anticipando la figura del musicologo – divulgatore aperto alle tutte le forme di comunicazione e alle più diversificate espressioni artistiche.
Di lui ho il piacere e l’onore di conservare un ricordo personale quando ebbi modo di seguire le sue lezioni, alla metà degli anni Novanta del secolo scorso, nel master “Scrivere di musica” alla Scuola Holden di Torino. Fu proprio quel corso, coordinato da Arruga e da Angelo Foletto, che instillò in me il piacere della narrazione in campo musicale insegnandomi i rudimenti di un mestiere allora, a me studente di giurisprudenza, totalmente ignoti. In quei mesi di lavoro ebbi modo di comprendere come per Arruga l’evento musicale nascesse, prima di tutto, dalla ricerca di una suggestione, di uno spunto emotivo dal quale aveva inizio l’intero discorso. Quello stile così caratteristico, condiviso ma non imposto a noi allievi e reso familiare al pubblico da numerosi commenti televisivi e radiofonici, era capace non solamente di corroborare i contenuti musicali ma anche di renderli singolarmente suggestivi e coinvolgenti per l’ascoltatore o il lettore. Nelle lezioni la narrazione, sapientemente cadenzata da efficaci pause evocative, si arricchiva di ricordi, aneddoti, esperienze che erano testimonianza diretta della poliedricità artistica di Arruga.
La sua irresistibile estrosità sollecitava la fantasia di noi alunni in prove che ci mettevano continuamente in gioco in prima persona. I compiti che ci affidava, infatti, non consistevano unicamente nel preparare delle recensioni musicali o dei comunicati stampa ma sollecitavano direttamente la nostra creatività. Ci chiedeva, ad esempio, di ideare, nel giro di poche ore, una diretta radiofonica di carattere musicale o pensare al titolo e alla struttura di un saggio. In lui la solida formazione umanistica (con una laurea in Storia del Teatro e dello Spettacolo conseguita nel 1961 e il perfezionamento in Filologia Moderna alla Cattolica) si accompagnava al rigore musicale degli studi in pianoforte e composizione e ad una innata creatività, sbocciata già nei primi anni Sessanta come aiuto regista alla Scala.
L’articolato mondo del teatro affascinava Arruga e lui, come pochi altri, era capace di comunicarne la ricchezza spiegando quanto le emozioni che animano i personaggi dell’opera siano autentici e attuali e non artificiosa finzione. Nelle sue lezioni l’analisi di alcuni celebri momenti, fossero la scena di seduzione di Zerlina dal Don Giovanni o Il combattimento di Tancredi e Clorinda, iniziava da un accurato approfondimento del testo, delle intenzioni dei protagonisti per giungere infine all’indagine della trasposizione musicale. La medesima sagacia di introspezione, l’abbiamo spesso ritrovata nelle numerose mostre che Arruga ha curato un po’ in tutt’Italia. Ricordo, in particolare, quella che lui curò un paio di anni fa, al Palazzo Reale di Milano, dedicata alle produzioni registiche di Strehler “fra Goldoni e Mozart” come recitava il sottotitolo. In quell’occasione il lavoro di Arruga non si è fermato solamente all’aspetto espositivo ma, grazie a video, fotografie, bozzetti, modellini, costumi e molto altro ancora, è riuscito a ricreare l’emozione di un “laboratorio” vivo, in grado di esprimere la variegata ricchezza di una realizzazione teatrale.
L’abilità del narratore Arruga si coniugava, non da ultimo, con la generosa capacità di scoprire e incoraggiare artisti emergenti. Di questo tratto ne sono prova i numerosi concerti musicali da lui organizzati in contesti e forme diverse (in particolare nella quiete domestica di Sarmato o Gressan) e i compact disc prodotti dalla “Thymallus”, la casa discografica che Arruga aveva creato. I suoi dischi, dedicati in particolare al repertorio da camera, già più di vent’anni fa avevano anticipato i tempi proponendo prodotti multidisciplinari nei quali l’intelligenza del programma musicale si coniugava con suggestivi rimandi alla storia, alla letteratura, alla pittura e al teatro. Coadiuvato dall’immancabile complicità di Franca Cella (alla quale rinnoviamo le nostre condoglianze), Arruga ha continuato a stimolare emozioni e ricordi sui social tra i quali ci piace ricordare l’appuntamento annuale con gli evocativi presepi da lui realizzati, gli eventi estivi davanti al gigantesco camino del castello di Gressan, i momenti musicali nella quiete di Sarmato. Con una certa commozione abbiamo visto, su Facebook, il video con il quale appena un mese fa Arruga ha omaggiato Pier Luigi Pizzi in occasione del suo novantesimo compleanno. Per una volta ancora abbiamo potuto beneficiare non solo di un alto insegnamento di cultura musicale ma di un lascito umano che rimarrà nei nostri cuori.
Lodovico Buscatti