Minnie | Amarilli Nizza |
Jack Rance, lo sceriffo | Elia Fabbian |
Dick Johnson/Ramerrez | Enrique Ferrer |
Nick | Gianluca Bocchino |
Ashby | Alessandro Abis |
Sonora | Giovanni Guagliardo |
Trin | Andrea Schifaudo |
Sid | Pedro Carrillo |
Bello | Alessio Verna |
Harry | Marco Voleri |
Joe | Tiziano Barontini |
Happy | Giuseppe Esposito |
Larkens - Billy Jackrabbit | Federico Cavarzan |
Wowkle | Sabina Cacioppo |
Jake Wallace | Carlo Di Cristoforo |
Josè Castro | Ricardo Crampton |
Un postiglione | Antonio Della Santa |
Direttore | James Meena |
Regia, Scene e Costumi | Ivan Stefanutti |
Luci e Video | Michael Baumgarten |
Progetto Luci | Marco Minghetti |
Assistente alla Regia | Filippo Tadolini |
Assistente ai Costumi | Stefano Nicolao |
Maestro d'armi | Kara Wooten |
Maestro del Coro | Elena Pierini |
Orchestra della Toscana | |
Coro del Festival Puccini di Torre del Lago | |
Nuovo allestimento del Teatro del Gigio di Lucca, Teatro Lirico di Cagliari, Opera Carolina, New York City Opera | |
Coproduzione Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Verdi di Pisa, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Pavarotti di Modena, Teatro Goldoni di Livorno |
Il lungo tour della produzione italo-americana della Fanciulla del West realizzata in collaborazione tra Lucca, Modena, Ravenna, Livorno, Cagliari, l'Opera Carolina, la New York City Opera e Pisa è approdato in quest'ultima città per due recite con gli stessi due cast visti lo scorso novembre a Lucca, a suo tempo recensiti da David Toschi e da chi scrive. Di diverso rispetto a quelle serate si coglie soprattutto un maggior amalgama orchestrale - dovuto forse al rodaggio (ma anche il golfo mistico più grande e comodo sicuramente male non avrà fatto) - e si rileva il dato oggettivo delle più ampie dimensioni del palcoscenico, sia in profondità che in larghezza, del Verdi rispetto al Giglio, che in un'opera come Fanciulla cambiano la percezione della realizzazione scenica. Lo spettacolo di Ivan Stefanutti nasce per adattarsi a diversi teatri e anche al Giglio funzionava adeguatamente, ma un palcoscenico più spazioso consente un maggior respiro per i movimenti di massa e le stesse suggestive proiezioni sullo sfondo aumentano l'effetto spettacolare.
Tradizionale nell'impianto, dai toni un po' cupi, lineare nella narrazione e senza particolari guizzi, ma anche elegante e moderno nel gusto con cui le immagini di valli innevate e boschi non si trasformano mai in cartolina e accompagnano la vicenda senza prevaricare i personaggi sulla scena, l'allestimento si conferma funzionale e gradevole.
La direzione di James Meena è apparsa un poco più equilibrata rispetto a Lucca, dove, nella sala più piccola, il volume orchestrale era imponente e talvolta quasi eccessivo. Qui a Pisa, a parte un inizio di primo atto nel quale la lentezza dei tempi imposti all'Orchestra (forse dettati anche dalla cautela nel tenere insieme la miriade di personaggi impegnati in dialoghi serrati) tendeva verso la letargia, si è ascoltato un finale primo poetico e sognante, grazie anche alla riuscita collocazione del coro fuori scena (Coro del Festival Pucciniano non altrettanto efficace nel terzo atto, dove le imprecisioni sono state non poche). I due atti successivi condotti con una certa sicurezza e con adeguato mestiere da Meena hanno assicurato fluidità alla narrazione, oltre che brillantezza nel colore strumentale. Latitavano, insomma, inventiva, scarti dinamici e una bacchetta realmente virtuosa, capace di far cogliere la ricchezza e la complessità dell'orchestrazione che caratterizzano quest'opera, la quale - come poche altre - fa affiancare il nome di Puccini a quello di Strauss. Ma quanto c'era è bastato ad accompagnare la storia di Minnie e del bandito Ramerrez con garbo e teatralità.
Protagonista femminile era Amarilli Nizza, soprano dal repertorio quanto mai vasto, che in Puccini trova uno degli autori più congeniali alle proprie caratteristiche espressive. La cantante ha sempre posseduto temperamento e sensibilità, con le quali doma uno strumento peculiare e di difficile classificazione, realmente sonoro solo in zona medio-alta e poco dotato in termini di morbidezza di cavata e di puro fascino timbrico. In questa occasione il colore è parso leggermente impoverito e gli estremi acuti affrontati in modo un po' avventuroso. Immutate, però, la personalità e il fraseggio da cantante di livello superiore, doti che le consentono di centrare tutti i momenti topici dal punto di vista drammatico, in una prova in crescendo, apprezzabile soprattutto se si tiene conto della difficoltà estrema della parte.
Se la cava con qualche affanno e un sospetto di costante forzatura nel risolvere gli acuti il tenore Enrique Ferrer, che di Dick Johnson/Ramerrez ha il fisico del ruolo, ben gestito con spavalda presenza scenica, che si unisce alla voce robusta e scura. Acuti spinti a parte, anche una maggiore varietà di accenti non avrebbe guastato, tanto più avendo come rivale Elia Fabbian, sempre più convincente interprete del grande repertorio baritonale, in questa occasione apparso anche arricchito nel timbro, che si è naturalmente scurito e arrotondato, così che la grande estensione e pienezza del registro inferiore sprigiona quasi “sentori” di basso. Ma al di là di quanto piacevolmente si ascolta, è interessante innanzi tutto la resa del personaggio, che è risolto senza i consueti accenti truci, così da cogliere il lato solitamente più trascurato dello Sceriffo, che in fondo non è un vero “vilain”, ma un semplice (anche se dai modi sbrigativi) rivale in amore del bandito; appassionato e - per quanto lo consenta il selvaggio West dove si rischia di essere impiccati anche solo per aver barato al gioco - signorile.
Per il nutrito resto del cast, di livello variabile (ma mai sotto la soglia della prestazione dignitosa e premiato da un buon successo che ha arriso a tutta la compagnia), valgano le considerazioni già svolte nelle due precedenti recensioni lucchesi, con un plauso al gusto con cui Sabina Cacioppo affronta l'ingrato ruolo di Wowkle e un'ulteriore nota di merito per Giovanni Guagliardo, Sonora davvero ben cantato e interpretato.
La recensione si riferisce alla recita del 3 febbraio 2018.
Fabrizio Moschini