Nabucco | Leo Nucci |
Abigaille | Anna Pirozzi |
Zaccaria | Mattia Denti |
Ismaele | Leonardo Gramegna |
Fenena | Elisa Barbero |
Il Gran Sacerdote di Belo | Paolo Battaglia |
Abdallo | Roberto Carli |
Anna | Alice Molinari |
Direttore | Aldo Sisillo |
Regia e scene | Stefano Monti |
Elementi scenici dello scultore | Vincenzo Balena |
Maestro del Coro | Stefano Colò |
Costumi | Massimo Carlotto |
Luci | Nevio Cavina |
Orchestra dell'Opera Italiana | |
Coro del Teatro Municipale di Piacenza e della Fondazione Teatro Comunale di Modena |
La scena è dominata dai colori polverosi del deserto. Quattro monoliti mobili di pietra chiara compongono di volta in volta, le varie ambientazioni. A tratti compaiono elementi scultorei diroccati, opera di Vincenzo Balena, che richiamano la distruzione dei siti archeologici oggi in atto negli stessi luoghi in cui Nabucco è ambientato. Le note alla messinscena del regista Stefano Monti sono infatti dedicate a Khaled Asaad, archeologo e custode dell’antico sito di Palmira barbaramente ucciso lo scorso agosto. La violenza è rappresentata dal rosso vivo delle corde che imprigionano e smembrano le rovine, lo stesso colore delle cancellate di lance che incombono minacciose sui protagonisti. In questo evocativo contesto scenografico si dipana, in modo totalmente convenzionale, il percorso narrativo impostato dalla regia.
L’elemento che trascina lo spettacolo al trionfo è il valore degli interpreti dei due ruoli principali.
La freschezza e tenuta vocale di Leo Nucci sorprendono ad ogni nuovo ascolto, così come affascina la sua capacità di lascarsi invadere dal personaggio fino a farlo entrare nelle proprie ossa. L’implacabile invasore del Tempio di Gerusalemme, l’imperioso sovrano che sfida Abigaille, il sacrilego che osa proclamarsi dio, quando è colpito da un fulmine divino, diventa, nell’interpretazione di Nucci, un anziano fragile, confuso e tremante con una credibilità che coinvolge totalmente il pubblico. Impossibile staccare gli occhi dalla scena, impossibile resistere al pathos, alla carica emotiva scatenata dalla sua interpretazione.
Il ruolo di Abigaille sembra scritto per valorizzare le capacità vocali di Anna Pirozzi. Sicura e possente salta con naturalezza e pienezza di suono dalle note gravi all’estremo acuto, senza mai forzare. Trova colori suggestivi e bellissimi accennando all’impossibile amore per Ismaele in “Io t’amava”, e con un’infinita varietà d’accenti evoca, in “Anch’io dischiuso un giorno”, il “perduto incanto” della vita di prima, quando credeva di essere non una schiava ma la figlia primogenita del re di Babilonia.
Molto efficace anche la resa scenica: è composta, altera, maestosa e a proprio agio in ogni situazione.
Zaccaria è Mattia Denti. Il basso padroneggia agevolmente la tessitura del ruolo e mostra anche buone intenzioni interpretative. Mancano, al momento, la perentorietà vocale e la solennità che caratterizzano i grandi ruoli di basso verdiano.
Leonardo Gramegna è un Ismaele un po’ sopra le righe a causa dello stile di canto, forte e sfogato. Nel passaggio all’acuto il suono, lasciato troppo libero, diventa un po’ schiacciato.
Elisa Barbero, nel ruolo di Fenena, interpreta con grande lirismo la sua preghiera del quarto atto, arricchendola di belle sfumature espressive.
Particolarmente incisivo il basso Paolo Battaglia nel ruolo di Gran Sacerdote di Belo. Vocalmente bene a fuoco Roberto Gallo che interpreta il babilonese Abdallo. Pulita e squillante l’emissione di Alice Molinari alla quale è affidato il personaggio di Anna.
Funzionali e coerenti, anche se non particolarmente curati, i costumi di Massimo Carlotto.
Semplice ma espressivo il disegno luci di Nevio Cavina che utilizza colori naturali sull’azione che si svolge in proscenio e dipinge le evocative controscene del fondale con tinte forti e simboliche.
La compagine diretta da Stefano Colò, composta dai coristi del Teatro Municipale di Piacenza e del Teatro Comunale di Modena, è corretta ed efficace. Il suono globalmente chiaro della sezione maschile conferisce un tocco di baldanza e gioventù ai brani ad essa affidati. Non risulta, d’altro canto, particolarmente emozionante “Va pensiero”, cantato troppo forte e con scarsità di dinamiche e colori. Nessuna richiesta di bis accoglie il finale.
Il Maestro Aldo Sisillo, alla guida dell’Orchestra dell’Opera Italiana, imposta una lettura estremamente funzionale alle esigenze del palcoscenico ed ottiene un eccellente e ben calibrato amalgama sonoro.
Grande successo e prolungati applausi per tutti, con particolari ovazioni per Anna Pirozzi e Leo Nucci.
Patrizia Monteverdi