Oberon | Raffaele Pe |
Tytania | Anna Maria Sarra |
Puck | Simone Coppo |
Theseus | Federico Benetti |
Hippolyta | Arina Alexeeva |
Lysander | Alex Tsilogiannis |
Demetrius | Paolo Ingrasciotta |
Hermia | Cecilia Bernini |
Helena | Angela Nisi |
Bottom | Zachary Altman |
Quince | Nicholas Masters |
Flute | Roberto Covatta |
Snug | Rocco Cavalluzzi |
Snout | Claudio Grasso |
Starveling | Dario Shikhmiri |
Moth | Alice Bettoli |
Cobweb | Sofia Butti |
Musterdseed | Sveva Quattrone |
Peaseblossom | Chiara Vasarotti |
Direttore | Francesco Cilluffo |
Regia | Ferdinando Bruni, Elio De Capitani |
Scene | Carlo Sala |
Costumi | Ferdinando Bruni |
Luci | Nando Frigerio |
Orchestra I Pomeriggi musicali | |
Coro di voci bianche Mousikè - SMIM Vida di Cremona | |
Maestro del coro | Raul Dominguez |
Non v'è dubbio che A Midsummer Night's Dream di Britten occupi una posizione di rilievo tra le diverse trasposizioni musicali di soggetti teatrali di William Shakespeare che costellano il repertorio operistico. Tale preminenza deriva sostanzialmente da due particolarità: la grande fedeltà del libretto dell'opera al testo shakespeariano (Benjamin Britten e Peter Pears, autori della rielaborazione librettistica, si sono limitati a praticare dei tagli alla versione originale, senza operare alcuna modifica alle parti conservate, riportate letteralmente); la struttura stessa del soggetto, così articolata nella sua alternanza e sovrapposizione di plot tanto diversi fra loro (il mondo incantato e lunare del bosco, popolato da fate e creature fantastiche; gli intrecci amorosi delle tre coppie appartenenti all'aristocrazia ateniese e le rustiche ambizioni teatrali degli artigiani), che sembra concepita apposta per stimolare l'ispirazione musicale e l'eclettismo compositivo di Britten. Tra l'altro, il pubblico cremonese ha avuto la possibilità di apprezzare gli aspetti sopracitati, effettuando un raffronto diretto fra il testo originale della commedia e la relativa trasposizione musicale. Il Teatro Ponchielli, nel quadro delle celebrazioni per la ricorrenza dei 400 anni dalla morte del grande drammaturgo inglese, ha deciso, infatti, di alternare le recite di A Midsummer Night's Dream a quelle di Sogno di una notte di mezza estate: scelta assolutamente encomiabile, che ha permesso agli spettatori di fruire del duplice allestimento nell'ottica di un progetto teatrale unitario e compiuto. Nella fattispecie, lo spettacolo utilizzato è stato quello con regia di Elio De Capitani, scene di Carlo Sala, luci di Nando Frigerio e costumi di Ferdinando Bruni (che nell'opera di Britten ha anche affiancato De Capitani come regista). Si tratta di un allestimento consolidato del Teatro dell'Elfo di Milano, nato originariamente per portare sulla scena il testo teatrale di Shakespeare e che, in questa sede, è stato adattato per rispondere alle esigenze sceniche dell'opera di Britten. L'idea alla base del regista e dello scenografo è quella di individuare un unico spazio scenico, che accompagna il pubblico per tutti e tre gli atti in cui è articolata la trama dell'opera e che si configura come un ambiente contenente espliciti e concreti rimandi ai tre diversi filoni che compongono la vicenda, ma che rifugge sistematicamente da ogni intento didascalico e realistico. Si tratta di un non-luogo dalla dimensione onirica, una sorta di “soffitta dei ricordi”, in cui sono collocati un po' alla rinfusa oggetti vari. Fra essi spiccano: armadi, sedie e una vasca da bagno che, ornata di ghirlande floreali, rappresenta il giaciglio notturno di Tytania. Nell'ambiente definito dallo scenografo, però, trovano posto anche l'ampia parete scenica di un teatro della antica Grecia (richiamo alla collocazione ateniese ed alla reggia di Theseus) e spettacolari cascate di rampicanti, che rievocano il lussureggiante brulicare vegetale del bosco incantato delle fiabe dell'infanzia. All'interno di questo contenitore agiscono con dinamismo i diversi personaggi, ben caratterizzati dai costumi di Bruni: di foggia moderna, per quanto riguarda i personaggi afferenti alla polis ateniese (le coppie di amanti esibiscono uno stile marinaresco un po' british colonial, mentre gli artigiani indossano i rispettivi panni da lavoro); più eccentrici ed in stile settecentesco rivisitato quelli disegnati per le creature del bosco.
Alle numerose suggestioni visive (menzione d'onore per le luci di Frigerio), hanno fatto da contraltare quelle sonore, assolutamente ammalianti e ricche di fascino. In questo caso il merito è da ascriversi alla splendida direzione di Francesco Cilluffo, che ha saputo trarre dai validi strumentisti dell'Orchestra I Pomeriggi Musicali tutto il profluvio di colori cangianti ricreato dalla caleidoscopica orchestrazione britteniana, conferendo rilievo a ciascuna delle diverse tinte caratterizzanti la variegata tavolozza timbrica della partitura dell'opera. A questo proposito basti pensare ai numerosi e conturbanti glissandi degli archi richiesti dal compositore, ai numerosi interventi di celesta, clavicembalo, arpe e percussioni, ma anche a quelli virtuosistici della tromba, così impegnata a rincorrere Puck nelle sue acrobatiche evoluzioni.
Il cast vocale assemblato per l'occasione si delinea innanzitutto come una compagnia dal gioco scenico affiatatissimo ed in grado di aderire con entusiasmo e convinzione alle sollecitazioni suggerite dalla fantasia del regista. Ciascuno dei solisti poteva, inoltre, vantare una figura assolutamente pertinente al personaggio interpretato e questo ha rappresentato un importante valore aggiunto dello spettacolo, conferendo grande credibilità all'azione portata in scena. Le prestazioni vocali si sono assestate su di un livello apprezzabile ed omogeneo, a cominciare dal Deus ex machina della vicenda: l'Oberon di Raffaele Pe. È stato davvero un piacere per le orecchie ascoltare la vocalità tecnicamente così solida di questo controtenore, il cui strumento è parso molto dotato, sia in termini di proiezione, che di omogeneità fra i diversi registri (aspetto particolarmente problematico per una voce che deve alternare costantemente il registro “di petto” e quello “di testa”). Altrettanto esaltante la Tytania di un'esuberante Anna Maria Sarra, che ha saputo venire a capo con grande sicurezza della virtuosistica scrittura prevista dalla propria parte, concepita per voce di soprano leggero-coloratura, esibendo uno squillo di tutto rispetto, se si considera la categoria vocale di appartenenza.
Per quanto riguarda le coppie di amanti, il tenore Alex Tsilogiannis ha colpito per la gradevolezza del timbro, che gli ha permesso di delineare un Lysander di notevole seduzione, partner ideale della Hermia di Cecilia Bernini, che è dotata di una brillante voce di mezzosoprano acuto, davvero adatta per restituire con puntualità tutte le prescrizioni previste dal dettato britteniano (a questo proposito merita di essere citato il duetto “I swear to thee”, momento particolarmente felice della loro esecuzione). Note molto positive anche per la Helena del soprano Angela Nisi, che ha restituito al personaggio della giovane innamorata ateniese tutta la seduzione del proprio timbro morbido ed avvolgente, ritagliandosi un momento di notevole suggestione in corrispondenza dell'intervento solistico “Injurious Hermia, most ungrateful maid”. Il Demetrius di Paolo Ingrasciotta non può vantare la tornitura ed il rigoglio vocale dei colleghi fino ad ora citati, ma ha saputo comunque rendesi protagonista di un'ottima prova, grazie alla notevole musicalità, che gli ha permesso di ben figurare a fianco di voci così dotate. Il Theseus e la Hippolyta di Federico Benetti e Arina Alexeeva, hanno conferito autorevolezza ai rispettivi personaggi, in virtù delle proprie vocalità ampie ed incisive.
Davvero esilarante il sestetto di artigiani, protagonisti, tra l'altro, di una esecuzione spassosa della “molto lamentevole commedia e la crudelissima morte di Piramo e Tisbi”, in cui ognuno degli interpreti ha saputo aderire al personaggio impersonato con una resa scenica e vocale pienamente convincente (le diverse gag pensate dal regista hanno veramente divertito il pubblico cremonese). Sebbene abbiano composto un ensemble unitario molto coeso, hanno comunque saputo mettersi positivamente in evidenza anche nei diversi interventi solistici loro assegnati. Per questo motivo meritano di essere citati individualmente: il Bottom di Zachary Altman, dalla vocalità esuberante, il Flute di Roberto Covatta, tenore lirico-leggero che si è cimentato con grande virtuosismo nella parodistica “scena della pazzia con flauto obbligato” della sventurata Thisby, Nicholas Masters (Quince), convincente impresario teatrale, Rocco Cavalluzzi (Snug), leone imponente, ma simpatico, Claudio Grasso (Snout), irreprensibile nei panni del muro che divide i due sfortunati amanti e Dario Shikhmiri (Starveling), lunare Moonshine. Il quartetto delle fate era invece impersonato da altrettante voci bianche femminili: Alice Bettoli (Moth), Sofia Butti (Cobweb), Sveva Quattrone (Musterdseed) e Chiara Vasarotti (Peaseblossom), mentre il ruolo dell'esuberante Puck è stato portato in scena dall'ottimo Simone Coppo, particolarmente applaudito dal pubblico.
Molto impegnato il Coro di voci bianche Mousikè - SMIM Vida di Cremona (maestro del coro: Raul Dominguez), cui si perdonano volentieri gli occasionali sbandamenti di intonazione. Al termine della recita applausi calorosi per tutti ed equamente distribuiti fra gli interpreti, da parte del numeroso pubblico convenuto (si segnala positivamente la significativa presenza giovanile). Repliche a Como (21 e 23 Ottobre), Pavia (28 e 30 Ottobre), Brescia (4 e 6 Novembre) e Reggio Emilia (18 e 20 Novembre): chi può, non perda l'occasione di applaudire questo riuscito spettacolo!
La recensione si riferisce allo spettacolo del 9 Ottobre 2016
Fulvio Zannella