Betly | Linda Campanella |
Daniele | Angelo Scardina |
Max | Vittorio Prato |
Direttore | Giovanni Battista Rigon |
Regia | Luigi Barilone |
Assistente alla regia | Piera Ravasio |
Scene | Luca Dalbosco |
Costumi | Alfredo Corno |
Luci | Renato Lecchi |
Maestro del Coro | Fabio Tartari |
Orchestra e Coro Bergamo Academy e Bergamo Musica Festival | |
Nuova produzione Fondazione Donizetti |
Betly, opera desueta di Gaetano Donizetti, è il secondo titolo previsto dal cartellone di questa IX edizione del Bergamo Musica Festival.
Ingiustamente caduta in oblio, Betly vanta un passato ricco di successi ma anche di rimaneggiamenti apportati dallo stesso Donizetti nel corso degli anni.
La prima volta andò in scena al Teatro Nuovo di Napoli il 21 agosto 1836 raccogliendo unanimi consensi di pubblico e di critica. La struttura di quella prima versione è in un atto con i dialoghi in prosa, retaggio della piuttosto recente caduta del regno napoleonico e quindi in autentico stile opéra-comique. Tuttavia, già l'anno seguente, Donizetti, autore non solo della musica ma anche del libretto, mise mano alla partitura componendo una sinfonia, inserendo i recitativi al posto dei dialoghi, ampliandone i “numeri”, rendendo la parte vocale parzialmente più agevole, soprattutto per quel che concerne il ruolo di Max, all'epoca affidato al baritono Giuseppe Fioravanti autorevole artista ma ormai nella parabola discendente della sua carriera.
In questa occasione il Bergamo Musica Festival ha deciso di mettere in scena la versione critica curata da Ellen e Julia Lockhart e data alle stampe nel 2010. Quindi versione filologica in un atto con i dialoghi in prosa e le parti affidate ai cantanti rese tutte particolarmente difficili, soprattutto per quel che concerne la protagonista che si ritrova a cantare la sua parte innalzata di mezzo tono rispetto alla versione in due atti.
Va da sé che per mettere in scena con successo quest'opera debba essere garantita la presenza di un'autentica primadonna particolarmente dotata tecnicamente, uno spigliato baritono brillante e un tenore che non tema le salite ad un registro acuto più volte messo a dura prova; beh, dopo aver assistito alla prima recita di sabato 27 possiamo affermare che la direzione artistica del Festival è riuscita ad assicurare la presenza di tre artisti che hanno dimostrato di possedere tutti i requisiti richiesti dai loro ruoli.
Linda Campanella nella complessità di questa parte ha dimostrato di essere artista scenicamente spigliata, disimpegnandosi molto bene anche nei dialoghi in prosa, ma soprattutto di essere provvista di una tecnica che è impossibile da descrivere senza ricorrere all'utilizzo di un autentico campionario di superlativi: strepitosa, inarrivabile, eccezionale e, aggiungerei, d'altri tempi. Nella prima aria, quella dello Jodel, portata alla notorietà da un paio di registrazioni live che vedono protagoniste Monserrat Caballé e Joan Sutherland, i tempi piuttosto lenti staccati dal direttore, se da un lato non contribuiscono a rendere appieno il carattere capriccioso di Betly, dall'altro danno la possibilità alla Campanella di mostrare una tenuta dei fiati impressionante. Ma è con la grande aria finale, di una difficoltà davvero mostruosa, che la cantante savonese lascia tutti a bocca aperta sciorinando tra cantabile e cabaletta (tutta l'aria si gioca su una tessitura altissima) una serie infinita di Do e Re naturali di splendida purezza. Al termine ovazione meritatissima. Speriamo vivamente che i più prestigiosi teatri nazionali e internazionali si rendano conto che attualmente, mettere in scena un'opera di questo repertorio senza pensare a Linda Campanella, equivalga a fare un torto al pubblico pagante.
Accanto a lei ottima impressione ci ha destato il giovane tenore Angelo Scardina nel difficile ruolo di Daniele, una sorta di Nemorino ricco innamorato di Betly. Dopo le primissime battute nelle quali era palpabile una certa tensione che evidentemente lo portava a mettere i centri un po' troppo nel naso, si è sciolto e ha mostrato una notevolissima sicurezza tecnica. La voce è di timbro gradevole, estesa ed in grado di sfogare in un registro acuto squillante e ben proiettato. Anche scenicamente ha saputo muoversi con buona disinvoltura evidenziando simpaticamente gli aspetti da bamboccione viziato che caratterizzano Daniele.
Altrettanto bene ha figurato il baritono Vittorio Prato nel ruolo di Max, il sergente fratello di Betly, artefice della burla che farà cadere le resistenze della sorella nei confronti di Daniele e consentirà ai due giovani di unirsi in matrimonio. Questo ruolo, pensato da Gaetano Donizetti per la duttilità vocale di Giorgio Ronconi purtroppo non disponibile per le recite napoletane del 1836, finì col mettere in difficoltà, soprattutto per la scrittura vocale piuttosto acuta, un altro importante baritono di quegli anni che era Giuseppe Fioravanti. Difficoltà che Prato ha superato ottimamente (ad es. la cavatina “Alto facciam compagni... Ti vedo, ti bacio”), senza nessun evidente sforzo, poggiando su una vocalità che al momento ci è parsa adattissima ai ruoli da baritono brillante e che ci fa davvero ben sperare per il futuro di questo artista.
La direzione di Giovanni Battista Rigon ci è parsa un tantino ingessata e nel complesso priva dello slancio, dell'allegria e di quella leggerezza briosa che ci si aspetterebbe per evidenziare il clima divertente e leggero di quest'opera. Buona invece la resa dei colori, nonché la gestione degli equilibri sonori e la sincronia fra buca e palcoscenico.
Ottima la prova offerta dall'orchestra e dal coro (preparato da Fabio Tartari) Bergamo Accademy e Bergamo Musica Festival.
Simpatica l'idea del regista Luigi Barilone di ambientare l'opera negli anni '20 del secolo scorso trasformando, con le semplici scene di Luca Dalbosco, lo chalet alpino di Betly in un lussuoso albergo di villeggiatura montana, frequentato da clienti danarosi fra i quali appunto Danilo. Appropriati al periodo i costumi di Alfredo Corno e buono l'apporto delle luci curate da Renato Lecchi.
Nel complesso una produzione riuscita che dà la possibilità al pubblico di scoprire uno dei tanti gioiellini donizettiani semisconosciuti nella sua prima versione. Opinione personale: i dialoghi in prosa tendono a spezzare eccessivamente il filo musicale e forse non piacevano più di tanto nemmeno a Donizetti, però le edizioni critiche meritano sempre di essere conosciute e bene ha fatto il BMF a proporre quella di Betly in questa occasione.
Al termine grande successo di pubblico per tutti gli artisti impegnati, in particolar modo per Linda Campanella.
Segnaliamo che altre due recite di Betly verranno rappresentate sabato 8 novembre alle ore 18 (primo cast) e alle ore 21 con un diverso cast.
Inoltre, nell'ambito del bellissimo progetto “La scuola all'opera”, Betly andrà in scena con un cast costituito totalmente da giovani nel corso delle mattinate (pensate appositamente per le scolaresche) dei giorni 14, 15, 16 e 17 ottobre.
Danilo Boaretto