Bruno Maronna, Giacomo Medici, | |
Roberto Gattei, Gianni Paci | |
Ein Zimmermädchen | Valentina Chiari |
Ein Oberkellner | Massimo Morosetti |
Ballerini |
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Gheorghe Jancu, Silvia Casadio | |
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Regia, Scene e Costumi |
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Pier Luigi Pizzi | |
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Maestro del Coro David Crescenzi |
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Sergio Briziarelli | |
Direttore Bruno Bartoletti |
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Massimiliano Luciani, | |
Sechs Manager |
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Ein Standesbeamter/ Ein Fremdenführer | Shadi Torbey |
Ein Hoteldirektor | Tobias Scharfenberger |
Frau M. | Katharina Peetz |
Herr M. | John Bellemer |
Der Schöne Herr Hermann | Jon Ketilsson |
Eduard | Wolfgang Holzmair |
Laura | Gun-brit Barkmin |
Orchestra Filarmonica Marchigiana |
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Coro Lirico Marchigiano “v. Bellini” |
Grande attesa,mista a una certa preoccupazione, per NEUES VOM TAGE, prima delle due opere in scena al Teatro delle Muse per la stagione 2007-2008. Preoccupazione derivata soprattutto dalla considerazione che in una stagione di due soli titoli, riservarne uno ad un’opera del primo ’900 tedesco, e per giunta in prima esecuzione italiana in forma scenica, non avrebbe trovato riscontro nel pubblico. Dubbi in gran parte fugati dalla grande qualità dell’allestimento e dalla positiva risposta del pubblico, soprattutto verso l’argomento librettistico, attuale in modo quasi spaventoso.
Grande talento musicale, quello di Paul Hindemith, capace di cogliere il meglio della temperie musicale che agitava la sua epoca, nel rifiuto del modello operistico “tradizionale” a favore di generi musicali atonali e dissonanti, come sintesi degli stili più disparati (dal cabaret, al jazz, alla polifonia sacra, all’opera lirica delle forme chiuse).
Accade così che accanto a certe costruzioni soluzioni melodiche francamente difficili da seguire (penso al quartetto con coro “Wie peinlich, wie peinlich – Che pena, che pena” che chiude la grande scena della vasca da bagno), l’opera presenta delle sorprendenti rielaborazioni tematiche che spaziano da Wagner a Verdi; la lezione del primo evidente nel duetto d’amore “Unendlich Geliebte! Traum meiner Seele – Amata immensamente! Sogno dell’anima mia” fra Hermann e Laura, parodistico finchè si vuole ma nondimeno musicalmente splendido, la lezione del secondo nel finale dell’opera, una classica fuga con più di un richiamo musicale e drammaturgico a “Tutto nel mondo è burla”.
Il modello librettistico di riferimento era quello della spietata caricatura delle abitudini borghesi del periodo, della lucida dissacrazione di una società dominata dalla burocrazia e dalle convenzioni sociali, dove gli uomini agiscono come marionette impazzite e inconsapevoli, il tutto musicalmente organizzato per rivelarne l’irrimediabile agonia.
Rispetto ad altri suoi contemporanei, però, in Hindemith è particolarmente presente una delineazione sessuale dei personaggi, spinta ai limiti dell’erotico molto più che nel già celebrato Strauss, che lo rese inviso anche ad alcuni suoi colleghi non meno grandi, oltre che, naturalmente, alle autorità naziste oramai avviate verso la dittatura.
Leggenda non confermata vuole che Hitler stesso avesse assistito alla prima dell’opera a Berlino, nel 1929, e se ne fosse allontanato disgustato dopo la scena della vasca da bagno, coniando per l’occasione la definizione di “bolscevismo culturale” con la quale sarebbero poi stati colpiti quasi tutti i compositori tedeschi dell’epoca, da Korngold a Krenek.
Sicuro e acclarato fu invece il rifiuto di Fritz Busch di dirigere la SANCTA SUSANNA alla prima del 1921 a Stoccarda, con la motivazione che fosse troppo oscena.
Dicevamo del libretto di NEUES VOM TAGE (leggi la trama): l’autore, Marcellus Schiffer, era un notissimo cabarettista della Berlino anni ’20, modaiolo e mondano, autore anche di canzoni fra le più famose di Marlene Dietrich. Pensiamo solo che nel 1929 non esisteva nemmeno la televisione, e prendiamo ad esempio alcune frasi dei personaggi, soprattutto nella seconda e terza parte: “Cinema! Circo! Teatro! Varietà! Cabaret! Guadagni immensi! Pubblicità mondiale!” urlano gli impresari a Eduard sommerso dai debiti per convincerlo a mettere in piazza i suoi guai con la moglie e con la legge.
E quando i coniugi, all’ennesima messa in scena teatrale del loro dramma, mostrano insofferenza e invocano di poter godere dell’armonia ritrovata, il coro risponde: “Mai. La vostra impronta è fissa. Non siete più due umani. Siete l’ultima notizia. In telegrammi, lettere, suoni voi esistete soltanto. Siete assegnati a noi. Ciò che voi decidete non dipende più da voi”.
Ce n’è abbastanza per rabbrividire, pensando che quanto mediaticamente succede in Italia al giorno d’oggi, dai contenitori televisivi della domenica pomeriggio ai processi per i fatti conosciuti come “di Cogne” e/o “di Erba”, era già stato rappresentato da un compositore tedesco di epoca pre-nazista.
Pier Luigi Pizzi ricrea interni anni ’30 stilizzati e bellissimi, con arredi in stile bahuaus dai colori ora gelidi ora caldi, abbinati a costumi e acconciature perfettamente aderenti al testo, e sfrutta al meglio i cambi a vista che impone il fluire della musica senza interruzioni. Un grande drappo rosso con la svastica nazista irrompe sul box dell’ufficiale di stato civile che snocciola pedissequamente i documenti imposti dalla legge per ottenere il divorzio (e la musica raggiunge in questa scena i picchi di atonalità), drappo che poi riscenderà inesorabile nel finale dell’opera, a dominare le figure di tutti i protagonisti, riuniti al teatro Alcazar e impegnati a leggere sui giornali le “novità del giorno”. Bellissima metafora visiva del dissolvimento di un’epoca sotto i colpi dell’imminente dittatura.
Particolarmente riuscita anche la scena che apre l’opera, quando il microcosmo familiare dei coniugi protagonisti svolge la propria parabola di amore-odio sotto la lunga introduzione musicale, rivelando come i contrasti anche violenti non abbiano altra spiegazione che la noia per una vita sempre conforme ai ritmi della società borghese.
All’ottima riuscita dell’allestimento contribuisce in maniera decisiva la bravura di tutti gli interpreti, cantanti-attori di livello notevole e perfettamente calati nelle loro parti.
Gun-Brit Barkmin è cantante validissima e attrice strepitosa, perfettamente a suo agio nell’impervia parte di Laura. La voce corre a tutte le altezze, i vari si bemolle, si naturali e do che deve affrontare sono agganciati perfettamente, così come gli sbalzi di tonalità.
La notevole avvenenza fisica le permette anche di cantare la scena della vasca da bagno completamente nuda, oltre che ballare fasciata da un aderente vestito di lamè. Davvero la migliore in assoluto.
Wolfgang Holzmair risponde con uguale verve scenica, ma abilità di canto giusto un filo meno trascinante, a causa anche di un timbro non molto accattivante. Molto bravo, comunque, nella succitata scena con gli impresari “Kino! Zirkus! - Cinema! Circo!” e in genere nella tenuta vocale complessiva.
La parte di Hermann è quella interpretativamente meno complessa, circoscritta com’è alla descrizione di un’idiota vanesio sempre intento a rimirarsi allo specchio e a bearsi degli sguardi delle sue impiegate. Vocalmente, però, la sua inconsistenza psicologica si traduce in un declamato dalla tessitura molto acuta, che richiede robusta voce da tenore lirico spinto; Jon Ketilsson ne esce con molto decoro, anche se alcuni acuti suonavano parecchio spinti, ma di buon volume.
Katharina Peetz, come Frau M. prevale nettamente sul collega John Bellemer, in virtù di una voce corposa e di bel timbro. Bravi i personaggi minori, e in gran forma il Coro “Bellini”, impegnato in una prova davvero difficile.
Bruno Bartoletti, esperto di prime esecuzioni di opere contemporanee, ha diretto con grande attenzione, tirando a lucido l’orchestra soprattutto nell’impegnatissima sezione degli ottoni. E’ sembrato che a volte si limitasse a seguire la musica con scarsa partecipazione, soprattutto nei punti di raccordo fra una scena e l’altra, dove emergeva una certa debolezza musicale della partitura. Dove però il dramma si faceva più intenso, diciamo in tutte le scene sopra descritte, l’esperto concertatore e accompagnatore di voci è venuto prepotentemente fuori con impasti sonori di grande efficacia.
Successo caloroso di pubblico, che ha applaudito con convinzione interpreti e direttore.
Domenico Ciccone