Rigoletto | Luca Salsi |
Gilda | Lisette Oropesa |
Duca di Mantova | Saimir Pirgu |
Sparafucile | Rafal Siwek |
Maddalena | Annalisa Stroppa |
Il Conte di Monterone | Carlo Cigni |
Giovanna | Cornelia Oncioiu |
Marullo | Roberto Accurso |
Matteo Borsa | Airam Hernández |
Il Conte di Ceprano | Tomeu Bibiloni |
La Contessa | Esther Kuiper |
Usciere di corte | Peter Arink |
Paggio della Duchessa | Deborah Saffery |
Regia | Damiano Michieletto |
Scene | Paolo Fantin |
Costumi | Agostino Cavalca |
Luci | Alessandro Carletti |
Nederlands Philharmonisch Orkest | |
Orchestra Filarmonica Olandese | |
Coro dell'Opera Nazionale Olandese | |
Ching-Lien Wu, maestro del coro | |
Carlo Rizzi, direttore |
Nelle stagioni dell’Opera Nazionale Olandese i titoli dal grande repertorio lirico sono centellinati col contagocce, in special modo quelli del melodramma italiano. C’era attesa dunque per Rigoletto nella nuova produzione firmata da Damiano Michieletto che ritorna ad Amsterdam dopo il felicissimo Viaggio a Reims del 2015 (leggi la recensione).
Michieletto (ri)legge la vicenda come un’allucinazione di Rigoletto che, impazzito per essersi reso involontario artefice della morte figlia, è segregato nel camerone di un manicomio dove tutta la vicenda si svolge. I cortigiani, forse altri degenti, sono nell’immaginazione di Rigoletto repliche del Duca, e Sparafucile, un infermiere, sfodera al posto della spada un ben più prosaico rasoio. Tutta la vicenda si snoda in un clima di ossessiva prevaricazione e abuso che a tratti crea quasi malessere fisico e si conclude con Rigoletto sottoposto a elettroshock. Il Rigoletto di Michieletto è una creatura malata, che vive di un amore insano e geloso per la figlia che viene reclusa e trattata come un oggetto: a questo credo alluda la bambola a grandezza naturale con le fattezze di Gilda onnipresente in scena e a questo rimandano le belle proiezioni video che come flashback mostrano Gilda da bambina prigioniera nella sua stanza. Il problema è che Rigoletto è anche altro: la bambola e le proiezioni tendono a stancare a distrarre dalla musica e del canto; Luca Salsi si cala magistralmente nel ruolo ma rimane prigioniero, a mio avviso, nel personaggio a senso unico imposto dalla regia che tocca solamente la corda drammatica e non quella patetica; ed è un peccato perché le doti vocali sono notevolissime come pure l’interprete e i momenti topici quali Pari siamo o Cortigiani vil razza dannata sono realizzati benissimo. Mi lascia invece perplesso la scena che porta all’aria dell’invettiva, il la ra, la ra, la ra... trasformato in un isterico perorare.
Gilda, come Rigoletto, vive di un amore malato, quello per il Duca che la porterà alla morte, ma una morte che è vista dal regista come riscatto e, probabilmente, come unica soluzione per sfuggire all’amore malato del padre: psicanaliticamente, forse Gilda uccidendosi uccide il padre e tutto quello che egli rappresenta. Naturalmente una tale visione del personaggio esclude ogni bamboleggiamento; Lisette Oropesa disegna una Gilda liricamente appassionata nonché cantata in modo sopraffino e Caro nome, chiuso da un trillo da manuale, le guadagna una vera ovazione. Il personaggio del Duca non mi pare molto elaborato dal punto di vista registico, ma è anche vero che è quello psicologicamente meno sfaccettato. Saimir Pirgu canta bene, ma mi sarei aspettato di più: il Duca deve essere insolente vocalmente, brani come la Ballata e la Canzone dovrebbero essere “sfiorati con baldanzosa insolente noncuranza” e questo manca nel canto di Pirgu, che comunque trova bei momenti nel Duetto con Gilda complice anche la bella direzione di Carlo Rizzi il quale punta su una scoperta drammaticità sostenuta da tempi stringati e grandi contrasti dinamici. Bene in parte lo Sparafucile di Rafal Siwek e la Maddalena di Annalisa Stroppa e ottima la schiera dei comprimari fra i quali si distinguono il Borsa di Airam Hernández e il Monterone di Carlo Cigni.
Programmaticamente il direttore ripulisce la partitura da vezzi e malvezzi vocali puntando a ripristinare la scrittura verdiana nella sua originalità (anche se questo nel 2017 dovrebbe essere la prassi e non l’eccezione sulla quale basare un'intepretazione): spariscono quindi acuti non scritti, anche se rimangono, pur non nella forma usuale, quelli alla fine di Si vendetta, tremenda vendetta di baritono e soprano (e il Mib della Oropesa non è una primizia). Ne capisco poco l’utilità drammatica e musicale ma per compensare, viene ripristinata la cadenza a due alla fine del duetto fra Gilda e il Duca. E non capisco anche perché, in questa ottica di ripristino del dettato verdiano, non si sia ripristinata anche l’orchestrina d’archi sul palco, realizzando così quella mirabile fusione di piani sonori (orchestra in buca, orchestrina sul palco e banda dietro le quinte) prevista da Verdi nel concertato “A sempre tu spingi lo scherzo all’estremo”. Sotto l’attenta bacchetta di Rizzi la Nederlands Philharmonisch Orkest suona con grande spolvero e ottimo come sempre il contributo del Coro dell’Opera Nazionale preparato da Ching-Lien Wu.
La recensione si riferisce alla recita della prima del 9 Maggio 2017.
Edoardo Saccenti