La stagione operistica di Seattle al McCaw Hall prosegue con un provocatorio allestimento di Cosi fan tutte per la regia di Jonathan Miller, originariamente creato per il Covent Garden di Londra nel 1995 e successivamente presentato su vari palcoscenici internazionali. A Seattle era già stato visto nel 2006, ma alcune modifiche sono state apportate a questa ripresa, a partire dai costumi, cosi da adattarla al retroterra culturale del nord ovest degli Stati Uniti.
L’opera mozartiana è metatemporale e ben si adatta a varie forme interpretative, soprattutto per quanto riguarda il finale. Il camuffamento e lo scambio fra le coppie sono il tema dell’intreccio, e la comicità è indotta sia dall’impossibile innamoramento tra sconosciuti che diventa realtà e si conclude con un matrimonio in meno di ventiquattr’ore, sia dall’ironia sulle vicende umane che traspare dal bellissimo libretto di Lorenzo Da Ponte. Mozart voleva un testo veramente comico, con due ruoli femminili di uguale importanza, uno serio e uno di mezzo carattere, con la scelta dell’argomento in secondo piano rispetto all’effetto finale, ma con grande enfasi sulla caratterizzazione drammatica dei personaggi. Il soggetto dell’opera rimane comunque spinoso, soprattutto per certi giudizi diretti e indiretti sulla psicologia femminile e sulle relazioni tra i due sessi tanto che, per il suo realismo psicologico e la forte connotazione sociale, risulta ancora oggi di non facilissimo approccio. Miller sceglie un adattamento contemporaneo (non mancano Ipad, telefoni cellulari e suonerie fuori campo), essenziale nelle linee drammatiche dei singoli caratteri, ma globalmente pessimista: a nessun personaggio spetta un ruolo principale e il contenuto psicologico viene enfatizzato a discapito della forma, il dato reale prevale sulla finzione. Nell’interpretazione di Miller la chiave di lettura per la comprensione dell’opera si trova nel potere attribuito al mascheramento: il personaggio si identifica con il suo travestimento al punto da diventarne il carattere stesso. Così accade a Ferrando e Guglielmo, i due corteggiatori, i quali, una volta indossati abiti da motociclisti con giacche di pelle, borchie, bandana e occhiali da sole, dimenticano di essere parte di un gioco di ruoli nell’ambito di una scommessa e si atteggiano a veri bulli fino a persuadere le due donne a ricambiare le loro effusioni amorose. Non importa sapere se Fiordiligi e Dorabella sono veramente devote o innamorate, così come non importa sapere se i due corteggiatori si vogliano solo divertire, ma sta di fatto che Miller conclude l’opera con la sconfitta di tutti: non c’è il lieto fine del ricongiungimento delle coppie e Despina, la cameriera dapprima complice di Don Alfonso, viene poi ingannata dallo stesso ingannatore, che fallisce nell’impartire la lezione morale dell’accettazione delle debolezze umane attraverso l’uso della ragione e il controllo della coscienza. Tutti i personaggi sono caratterizzati da cinismo, opportunismo e vanità e non possono evitare di soffermarsi davanti a un gigantesco specchio attraverso cui filtra tutta la loro superficialità emotiva. Sono assenti i riferimenti esterni come il bosco o il mare, e tutte le scene si sviluppano nella fissità di una unica stanza in stucco bianco. Sebbene non manchino le scene comiche, le risate da parte del pubblico sono da attribuirsi principalmente ai sopratitoli in inglese che, parafrasando il libretto originale, aggiungono elementi da “situation comedy” come, per esempio, i riferimenti ai due gigolò originari di Portland nell’Oregon, o ad altri elementi contemporanei funzionali alla contestualizzazione della scena.
Riprendendo la regia di Miller, Harry Fehr ha contribuito ad adattarla al pubblico di Seattle. La Fiordiligi e la Dorabella del secondo cast, cioè Marjukka Tepponen e Hanna Hipp, entrambe dotate di ottime capacità sceniche, si sono mostrate sempre a proprio agio nel muoversi nell’ampio spazio del palcoscenico completamente vuoto, mantenendo sempre il controllo delle agilità e dei fiati, tanto da riuscire a cantare anche in posizioni difficili - su di una sola gamba o con il busto inclinato in avanti - o correndo sui tacchi a spillo.
La prima, soprano di coloratura agile e morbida, è elegante ed espressiva, omogenea nelle linee melodiche, con buon controllo delle dinamiche; la sua aria Come scoglio è eseguita con precisione e bravura tanto da lasciare il pubblico con il fiato sospeso, come se quello fosse davvero il momento di rivincita psicologica sugli inganni e le tentazioni.
Hanna Hipp è invece un mezzosoprano dal timbro chiaro, brava nei legati e nella dizione, con facilità di emissione particolarmente nel registro centrale e fraseggio calibrato, mentre le note gravi sono meno smaltate. Convincente nel suo ruolo di amante frivola, pronta a esplorare nuovi orizzonti erotici superando le convenzioni sociali dettate dal buon costume, brava nei duetti e spontanea nei recitativi.
Ha dimostrato un buon controllo scenico e vocale Michael Adams nei panni di Guglielmo, deciso e sicuro negli attacchi, dalla vocalità brillante, il timbro rotondo e notevole varietà di fraseggio e colori, specie nei recitativi. Numerosi sono i momenti in cui la sua recitazione risulta molto divertente, specialmente nei recitativi secchi.
Ben Bliss (Ferrando) sviluppa meglio il suo personaggio nel secondo atto, cioè nei momenti più seri e conflittuali; la sua emissione è controllata, con note centrali un po’ leggere e acuti facili. La differenza nel modo in cui Adams e Bliss hanno affrontato i recitativi - più spontaneo il primo, più controllato il secondo - ha reso con efficacia le differenze fra i due personaggi.
Il migliore in scena è stato Kevin Burdette, che ha interpretato un carismatico Don Alfonso, manipolatore e saccente, con gesti eleganti e ironici. Il suo fraseggio è ricco di chiaroscuri, i legati sono omogenei e morbidi. Vero istrione del gruppo, attorno a cui tutti ruotano: anche quando non si trova in palcoscenico, la sua figura rimane sullo sfondo nell’atto di compiere qualche azione comica.
Anche Despina, Laura Tatulescu, ha convinto per ricchezza esecutiva: brava nelle arie, dove mostra sicurezza tecnica, è al tempo stesso passionale nel convincere le due sorelle a lasciarsi tentare dalla situazione e comica nei recitativi e nei brani d’insieme. Il suo travestimento da medico è davvero molto divertente, così come ottima è la sua caratterizzazione della serva che riscatta la propria condizione sociale di inferiorità nel confronto con le padrone.
Paul Daniel, sul podio, è stato applaudito per la sensibilità nell’ esprimere l’intensità dei caratteri attraverso la valorizzazione delle diverse timbriche strumentali e della freschezza ritmica delle melodie. Da sottolineare l’efficacia con cui il fortepiano ha accompagnato i recitativi.
La recensione si riferisce alla recita del 20 gennaio 2017.
Fiordiligi | Mariukka Tepponen |
Dorabella | Hanna Hipp |
Ferrando | Ben Bliss |
Guglielmo | Michael Adams |
Don Alfonso | Kevin Burdette |
Despina | Laura Tatulescu |
Direttore | Paul Daniel |
Regia e scene | Jonathan Miller ripresa da Harry Fehr |
Costumi | Cynthia Savage |
Luci | Neil Peter Jampolis |
Orchestra del Teatro dell'Opera di Seattle |
Viviana Coppo