Nel 2016 l’Associazione Nazionale Critici Musicali assegnò il Premio Siebaneck – per statuto, destinato a iniziative di particolare significato nell’ambito della didattica musicale e/o dell’avviamento professionale dei giovani – al progetto denominato 200.Com. Un premio che, ad un anno di distanza, siamo ancora più convinti che fu meritatissimo. Questa considerazione ci sovviene dopo aver assistito al consueto appuntamento annuale con l’opera realizzata per il Festival Como Città della Musica 2017.
Dopo i Carmina Burana del 2013, Cavalleria Rusticana nel 2014, I Pagliacci nel ’15 e lo scorso anno L’elisir d’amore, per questa edizione la scelta è caduta su Nabucco. E nessun altro titolo avrebbe potuto essere più indicato per mettere in evidenza il coro di circa trecento appassionati non professionisti che costituisce il cuore del fantastico progetto 200.Com.
Provate a pensare: trecento persone, verosimilmente appartenenti a trecento diverse famiglie, coinvolgono direttamente circa milleduecento persone. Se a questa cifra aggiungessimo nonni, zii e amici stretti, in contatto con le milleduecento persone delle famiglie dei coristi, potremmo arrivare ad una cifra vicina alle cinquemila persone. Un’iniziativa dagli evidenti ed importantissimi risvolti sociali ma anche culturali a favore dell’opera lirica. E si perché questi coristi non professionisti, per svariati mesi studiano l’opera che verrà messa in scena l’estate successiva, ragion per cui la cantano, la provano e la riprovano coinvolgendo la loro galassia di conoscenze con l’entusiasmo tipico di chi fa qualcosa solamente per passione.
L’opera è stata rappresentata in quella che ancora oggi viene chiamata Arena del Teatro Sociale di Como (in realtà una vera e propria arena con delle gradinate era stata costruita nel 1938 per poi essere demolita nel 1970) pur essendo semplicemente un ampio spazio presente sul retro del Teatro ed adibito normalmente a parcheggio. In quest’area vengono posizionate delle sedie in semicerchio su cui riescono a prendere posto ben 1500 spettatori. Le tre recite di Nabucco in programma sono andate tutte sold out.
In Nabucco il coro è protagonista quanto lo sono il re babilonese ed Abigaille, ma in questa produzione con la regia di Jacopo Spirei lo è ancora di più. Con una chiave di lettura piuttosto semplice e low cost, il regista ha pensato di trasportare la vicenda ai giorni nostri e di far svolgere l’azione esattamente all’interno dello spazio in cui stavamo seduti. L’ingresso di Nabucco è anticipato da alcune rombanti moto guidate da uomini di nero vestiti dalle facce poco raccomandabili che parcheggiano in mezzo alla platea. Il protagonista, anch’esso vestito totalmente di nero, fa la sua entrata in un secondo momento, dominando la scena dal cassone di un pickup. Tutti sono armati sino ai denti e non esitano a sparare. Abigaille è una sorta di agguerritissima Lara Croft. I colpi di scena non mancano soprattutto quando i “cattivi” catturano le persone sedute in un ampio settore di arena e le deportano in una zona che viene velocemente delimitata con delle reti sormontate da filo spinato: un vero e proprio campo di prigionia. E’ questo il momento del celebre “Va pensiero” che il pubblico segue visibilmente coinvolto. Durante la penultima scena il recinto viene smantellato ed anche il resto del pubblico viene invitato ad alzarsi e avvicinarsi al centro della scena per partecipare e condividere la gioia della liberazione.
Dal punto di vista musicale l’amplificazione – assolutamente necessaria visto l’ampio spazio all’aperto - ha un po’ uniformato alcune importanti caratteristiche vocali, su tutte la proiezione del suono, oltre ad aver inficiato negativamente sulla nitidezza di emissione di alcune voci; probabilmente proprio di quelle maggiormente immascherate. Fatta questa premessa dobbiamo dire che tutto il cast ha offerto prova di livello più che sufficiente.
Su tutti ha giganteggiato il Nabucco interpretato da Alberto Gazale il quale ha reso perfettamente, in virtù di un canto vario e intelligente, i tormenti e le evoluzioni che il proprio personaggio vive nel corso dell’opera. Il baritono sardo si è mostrato in forma vocale eccellente e ha sfoggiato un fraseggio curatissimo che ha toccato il suo momento più alto durante l’emozionante “Dio di giuda” accolto con entusiasmo dal pubblico presente.
Accanto a lui l’efficace Abigaille di Elena Lo Forte la quale, seppure non sempre perfettissima dal punto di vista musicale, soprattutto sulle agilità della cabaletta del secondo atto, è stata ammirabile per generosità e credibilissima scenicamente.
Abramo Rosalen nel ruolo di Zaccaria è uno degli artisti del cast che più di altri ci ha lasciato la voglia di risentirlo senza amplificazione. La voce di bel timbro ci ha dato l’impressione di essere ben proiettata e di buon volume; il colore è piuttosto chiaro e la sua prova è risultata tecnicamente un po’ alterna destando ottima impressione sulla tessitura acuta, affrontata con notevole sicurezza, ma un po’ debole sulle note gravi. Inoltre l’interprete ci è parso in possesso di una più che discreta personalità.
Buona la prova di Manuel Pierattelli che risolve con sicurezza e precisione il non semplice ruolo di Ismaele.
Irene Molinari nel ruolo di Fenena ci ha colpito per la voce di bellissimo colore, non propriamente da mezzosoprano ma, soprattutto nei centri, da bel soprano lirico.
Sicuro e vocalmente robusto il Gran Sacerdote di Belo cantato da Shi Zong.
Buone le prove di Claudio Grasso (Abdallo) e Tiberia Monica Naghi (Anna).
In questo ampissimo spazio scenico con l’Orchestra 1813 posizionata nell’angolo estremo a destra, i cantanti disseminati un po’ ovunque ed il coro talvolta disposto all’estremo opposto rispetto all’orchestra ci sentiamo di definire assolutamente miracolosa la direzione di Jacopo Rivani. Questo giovanissimo direttore d’orchestra appena ventisettenne ha mostrato una sicurezza solitamente propria a chi naviga da decenni i terribili palcoscenici all’aperto - quelli in cui Toscanini diceva essere buoni solo per giocare a bocce. E’ incredibile la facilità con cui Rivani sia riuscito a far quadrare sempre i conti fra i cantanti amplificati ed il coro – ovviamente senza amplificazione – spesso posizionato lontanissimo e che quindi produceva un suono che giungeva al lato opposto dell’arena con tempi di ritardo davvero elevati. Il direttore ravennate non si è limitato a far funzionare le cose ma ha dato prova di interessantissima personalità sin dalla sinfonia diretta con grande leggerezza timbrica e stacco di tempi che potremmo definire rossiniano; del resto per il primo Verdi l’influenza donizettiana ed ovviamente rossiniana fu forte. Ed anche nel prosieguo dell’opera abbiamo molto apprezzato i ritmi incalzanti ma anche la capacità di variare le agogiche in abbandoni lirici di struggente emozione. Speriamo vivamente di risentire presto questo direttore in uno spazio teatrale più consono all’opera lirica.
Una sentita menzione d’onore al Coro 200.Com.
Al termine grande e meritato successo di pubblico per tutti i protagonisti.
La recensione si riferisce alla recita del 4 luglio
Nabucco | Alberto Gazale |
Abigaille | Elena Lo Forte |
Zaccaria | Abramo Rosalen |
Ismaele | Manuel Pierattelli |
Fenena | Irene Molinare |
Gran Sacerdote di Belo | Shi Zong |
Abdallo | Claudio Grasso |
Anna | Tiberia Monica Naghi |
Direttore | Jacopo Rivani |
Regia | Jacopo Spirei |
Scene e costumi | Mauro Tinti |
Light designer | Giuseppe Di Iorio |
Maestri del coro | Giuseppe Califano, Giorgio Martano, Mariagrazia Marcaldo, Mario Moretti |
Maestro del coro della voci bianche | Lidia Basterrechea |
Coro 200.Com; Coro città di Como, Coro voci bianche del Teatro Sociale di Como | |
Orchestra 1813 | |
produzione Teatro Sociale di Como AsLiCo - Nuovo allestimento Progetto 200.Com - V edizione |
Danilo Boaretto