Per l’apertura della nuova stagione, il Teatro lirico di Cagliari propone un inedito dittico costituito dalla Turandot di Ferruccio Busoni e dalla assai più celebre Suor Angelica di Puccini: un dittico di opere tra loro profondamente diverse, considerato che “lo specchio deformante” delle maschere di Busoni – scandito dal turbinare di percussioni incalzanti, dal larghissimo impiego di ottoni e dal costante ricorso a melodie arabeggianti – si colloca in una dimensione per certi versi antitetica rispetto all’aura di meravigliosa, struggente sacralità che ammanta il dramma della monaca pucciniana. Un dittico di opere tra loro profondamente diverse: talmente diverse da far riflettere sull’opportunità di collocarne la rappresentazione nell’ambito della stessa serata.
La regia di Denis Krief (che ha curato anche scene, luci e costumi) si pone l’obiettivo di “lasciare spazio alla musica”, basandosi quasi esclusivamente su uno sfondo scuro e su tre strutture lignee composte da grate, utilizzate ora per raffigurare i palazzi della città imperiale, ora per delimitare gli spazi del convento in cui Angelica sconta il suo peccato d’amore. Il risultato complessivo è soddisfacente, eccezion fatta per gli striscioni da stadio che compaiono durante la scena degli enigmi e per il reticolato che funge da accesso al parlatorio.
Ben supportato dal coro diretto da Donato Sivo, Donato Renzetti conferma ancora una volta la sua fama di direttore di assoluto livello, capace di sostenere le cantanti senza farle travolgere dalla torrenziale carica emotiva che trasuda dalla musica pucciniana, come di governare l’orchestra tra le energiche sonorità che caratterizzano la partitura di Busoni.
I due cast di Suor Angelica trovano la loro punta di diamante nell’eccellente prova di Enkelejda Shkoza e Anastasia Boldyreva, entrambe dotate di uno strumento vocale di raro pregio e impegnate nel proporre una lettura differente, ma comunque interessante, del personaggio della Zia Principessa: più concentrata sul lato umano della donna a suo modo ferita da una serie di traversie familiari quella offerta dalla Shkoza; più proiettata sulla dimensione vendicativa della nobile offesa nel candore del suo stemma quella declinata dalla Boldyreva, il cui torreggiante “Espiare! Espiare!” sembra quasi schiacciare definitivamente Angelica nella sua negletta condizione di eterna reclusa.
Nel ruolo eponimo, la prova di Virginia Tola risulta assolutamente apprezzabile sul piano interpretativo, considerata l’indiscutibile abilità del soprano argentino di rendere al meglio il dramma di una donna costretta, dal superiore volere di una famiglia tiranna, a sacrificare la propria libertà e il proprio patrimonio sull’altare di un umanissimo peccato d’amore e che trova nel suicidio l’unico strumento utile alla riaffermazione del proprio essere madre. Un’interpretazione, quella della Tola, a tal punto partecipata e coinvolgente da far passare in secondo piano alcune evidenti difficoltà palesate, sul piano squisitamente vocale, specie nei passaggi più acuti che caratterizzano la seconda parte dell’opera (“Dammi un segno di grazia! Dammi un segno di grazia!”). Per contro, Marta Mari affronta la parte con i suoi mezzi di ottimo soprano lirico: apprezzabile il pianissimo che chiude il “Senza mamma” e il tono sognante con cui scandisce la frase “O sorelle…la morte è vita bella”, la sua è un’Angelica più rassegnata che disperata, in quanto tale priva degli slanci emotivi e della carica drammatica da cui è animato il personaggio (la frase “Sorella di mia madre, voi siete inesorabile!” è pronunciata con tono più sommesso che furioso).
Credibili la Suora Zelatrice di Francesca Geretto e la Badessa di Lara Rotili (che conferma la sua capacità di imprimere una forte caratterizzazione anche alle parti minori); il timbro affascinante e seducente, gli acuti facili e luminosi e l’innata intelligenza del fraseggio fanno di Daniela Cappiello una Suor Genovieffa di livello assoluto. Del cast fanno parte anche Aurora Faggioli (la Maestra), Vittoria Lai (Suor Osmina), Sonia Fortunato (Suora infermiera), Graziella Ortu e Francesca Zanata (Suore cercatrici), Beatrice Murtas e Sara Lasio (Le novizie), Loredana Aramu e Caterina D’Angelo (La conversa).
Al netto di sonorità marcate e melodie orientaleggianti, l’opera di Busoni risulta assai impegnativa per i due protagonisti principali: Teresa Romano e Tiziana Caruso – entrambe dotate di una voce robusta, da soprano lirico spinto – sono abili nel tratteggiare una Principessa capricciosa, annoiata, bisbetica, e per questo lontanissima dallo stilema della gelida regina sanguinaria su cui verrà costruita la Turandot pucciniana. Nei panni di Calaf, Timothy Richards compensa i limiti derivanti da una dizione troppo british con una voce robusta e molto estesa che gli permette di affrontare con relativa sicurezza la parte del Principe ignoto: una parte che, invece, mette a tratti alle corde Mikeil Sheshaberidze, quasi sovrastato dall’orchestra specie nella scena iniziale.
Se Enkeleyda Shkoza ribadisce, con la sua Adelma, la positiva impressione destata come Zia Principessa, l’ottimo Gabriele Sagona e Ralf Lukas offrono entrambi una credibile interpretazione dell’imperatore Atolum: più scanzonata e caricaturale quella di Sagona, più composta e tradizionale quella del basso tedesco.
Apprezzabile il “cammeo” di Vittoria Lai (La Regina di Samarcanda) e le note fuori scena di Lara Rotili (Una cantante), Filippo Adami e Enrico Zara si disimpegnano entrambi egregiamente nel ruolo non banale dell’eunuco Truffaldino, reso particolarmente insidioso dagli acuti che costellano l’arietta iniziale.
Gocha Abuladze e Daniel Ihm – Kym Lee (Barak), Daniele Terenzi e Simone Marchesini (Pantalone), Carlo Checchi e Francesco Leone (Tartaglia), Giampiero Boi, Daniele Loddo, Moreno Patteri, Fiorenzo Tornincasa, Gionata Giglio, Luigi Pisapia, Francesco Cardinale e Emilio Casali (Otto dottori) completano la locandina di questo dittico di opere tra loro tanto diverse: talmente diverse da far riflettere sulla loro compatibilità nell’ambito della stessa serata.
La recensione si riferisce alla "prima" del 2 marzo e alla recita del 6 marzo 2018.
Turandot | |
Altoum | Gabriele Sagona |
Ralf Lukas (6/3) | |
Turandot | Teresa Romano |
Tiziana Caruso (6/3) | |
Adelma | Enkelejda Shkoza |
Kalaf | Timothy Richards |
Mikheil Sheshaberidze (6/3) | |
Barak | Gocha Abuladze |
Daniel Ihn-Kyu Lee (6/3) | |
La Regina madre di Samarcanda | Vittoria Lai |
Truffaldino | Filippo Adami |
Enrico Zara (6/3) | |
Pantalone | Daniele Terenzi |
Simone Marchesini (6/3) | |
Tartaglia | Carlo Checchi |
Francesco Leone (6/3) | |
Una cantante | Laura Rotili |
Otto dottori | Giampiero Boi, Daniele Loddo, Moreno Patteri, Fiorenzo Tornincasa, Gionata Gilio, Luigi Pisapia, Emilio Casali, Francesco Cardinale |
Suor Angelica | |
Suor Angelica | Virginia Tola |
Marta Mari (6/3) | |
La zia principessa | Enkelejda Shkoza |
Anastasia Boldyreva (6/3) | |
La badessa | Lara Rotili |
La suora zelatrice | Francesca Paola Geretto |
La maestra delle novizie | Aurora Faggioli |
Suor Genovieffa | Daniela Cappiello |
Suor Osmina | Vittoria Lai |
Suor Dolcina | Federica Cubeddu |
La suora infermiera | Sonia Maria Fortunato |
Le cercatrici | Graziella Ortu, Francesca Zanatta |
Le novizie | Beatrice Murtas, Sara Lasio |
Le converse | Loredana Aramu, Caterina DAngelo |
Direttore | Donato Renzetti |
Regia, scene, costumi e luci | Denis Krief |
Maestro del Coro | Donato Sivio |
Maestro Coro delle Voci Bianche | Enrico di Maira |
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari | |
Coro di Voci Bianche del Conservatorio Statale di Musica "Giovanni Pierluigi da Palestrina" di Cagliari | |
Nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari in coproduzione con il Teatro del Gliglio di Lucca |
Carlo Dore jr.